martedì 8 settembre 2009

A colloquio con Chris Gardner (“Alla ricerca della felicità”) – Il VERO colloquio

Di ritorno dalle vacanze vorrei riportarvi a dove ci eravamo lasciati. L’ultimo colloquio che abbiamo analizzato insieme è stato quello di Chris Gardner ne “La ricerca della felicità” (http://thelovemyjobblog.blogspot.com/2009/07/colloquio-con-chris-gardner-alla.html). Come vi avevo anticipato, però, quella era solo la versione cinematografica dell’intervista: una versione in cui il colloquio – a parte qualche scivolone qua e là – era stato condotto in modo brillante da entrambe le parti. Volete scoprire come si è svolta quell’intervista nella realtà? Innanzitutto, per chi non lo sapesse, il film è basato su di una storia vera e Chris Gardner è una persona reale. Attualmente proprietario di una multimilionaria compagnia di intermediazione finanziaria (la Gardner Rich & Company), Chris Gardner ha deciso di pubblicare la sua autobiografia, che è forse una delle dimostrazioni più lampanti di come l’American Dream possa diventare realtà. Nel link qui di seguito trovate il passaggio del libro che descrive il colloquio, così come si è svolto realmente. http://docs.google.com/Doc?docid=0ARfhQVlYBt9kZGQzazc0OHFfOWY4d3FuNWY4&hl=en (prendetevi il giusto tempo per leggerlo!) La situazione è la stessa del film: Chris è stato convocato a colloquio da Bob, ma viene arrestato per insolvibilità e non ha tempo di cambiarsi d’abito prima dell’incontro. Tuttavia la scena a cui assistiamo ora è evidentemente molto meno brillante di quanto rappresentato dalla pellicola cinematografica. In questo colloquio Chris dà ben poco di suo. Gli basta nominare l’ex-moglie per ottenere la piena giustificazione del suo standing da parte dell’interlocutore. A questo punto è l’intervistatore a catturare la scena, dilungandosi ampiamente nei racconti legati ai suoi divorzi. Al termine della storia, il recruiter non gli fa nemmeno una domanda: Chris è così selezionato per far parte del programma di tirocinio. Davvero una brutta performance per un selezionatore! Ma analizziamo meglio gli sbagli più evidenti… Effetto alone. L’errore forse più evidente è l’effetto alone, di cui vi avevo già accennato nel post precedente. Quello che nel primo colloquio vi ho segnalato come un potenziale errore – evitato solo per il fatto che i selezionatori fanno diverse domande a Chris – qui è proprio “preso in pieno”. Al selezionatore basta sapere che Chris ha dovuto affrontare i fastidi e le difficoltà tipici del divorzio per pensare forse che egli possa già essere pronto a tutto. Errore di proiezione. A questo errore si accompagna quello altrettanto evidente della proiezione. L’intervistatore proietta cioè sul candidato il proprio modo di pensare e di vivere e valuta secondo le proprie esperienze. In questo caso, Chris sta affrontando una situazione che il recruiter ha già vissuto: questo appare ai suoi occhi come indice di affinità alle proprie caratteristiche e di conseguenza lo valuta positivamente. La dimensione personale. Il colloquio sconfina evidentemente nel personale. E’ del tutto normale che il candidato faccia riferimento alla sua vita privata durante il colloquio: lui è lì per raccontare di sé e le sue esperienze personali fanno parte di quel sé. Il selezionatore, però, è tenuto rigorosamente non solo a non approfondire questi accenni del candidato, ma anche a non esprimere le PROPRIE esperienze private. In queste occasioni infatti emergono emozioni personali e ricordi che possono diminuire la capacità del selezionatore di essere vigile e neutrale e fargli quindi abbassare la guardia e mancare di obiettività, per poi commettere gli errori di cui sopra. Nessuna domanda. E’ evidente poi che non fare nemmeno una domanda al candidato non è per niente intelligente. In questo caso non si analizzano né le capacità personali di Chris né la sua motivazione al ruolo. Certo, Chris si rivelerà un broker veramente in gamba: ma questo è solo l’epilogo di una storia, che dopo una selezione del genere poteva finire in ben altro modo. Se al posto di Chris ci fosse stato un altro candidato non in linea col profilo del broker e non motivato a crescere nel ruolo, l’azienda avrebbe formato per un anno, a 1.000 $ al mese, una risorsa che avrebbe abbandonato il programma o fallito nel test finale. Ma in questo disastroso esempio di colloquio ho trovato anche qualcosa di positivo che ci tengo a sottolinearvi. La capacità di ascolto di Chris. In questa scena lui non ha dovuto dimostrarci assolutamente nulla per passare la selezione. Ad ogni modo ci ha mostrato ancora una volta una caratteristica molto importante: l’ascolto dell’interlocutore. Come dice nel suo racconto, lui è lì per raccontare di sé e non è minimamente interessato allo sproloquio dell’intervistatore; tuttavia ascolta e si mostra interessato. Questa è la chiave non solo per fare buona impressione, ma anche per capire chi si ha di fronte e comprendere quale tipo di comunicazione e di argomentazione sarà più efficace nel discorso. La neutralità del selezionatore di fronte ai pregiudizi e alla prima impressione. Nonostante si trovi davanti una persona abbigliata come un inserviente (che lui palesemente scambia per tale), per giunta di colore (cosa abbastanza rilevante se consideriamo il contesto degli USA anni ’80), non si rifiuta di riceverla, ma anzi si interessa di approfondire quanto sta dietro quell’apparenza. Ecco che la realtà a volte può essere molto più complicata di quello che ci mostra il grande schermo :-)
Alice

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