martedì 22 settembre 2009

"Tutto il mondo è paese" o "Paese che vai, usanze che trovi" ?

Quale dei due proverbi secondo voi rispecchia di più la realtà?
Ma si, basta pensare al numero di McDonalds nel mondo (più di 30.000 in 119 paesi), alla storia della Coca-Cola ormai bevuta in tutti gli angoli del globo, oppure ai nuovi fenomeni del momento come l'exploit del sushi in Italia; per non parlare dell'inglese, ormai lingua di tutti i popoli..e sicuramente ci viene da dire che tutto il mondo è un paese e lo sarà sempre di più. Ma è proprio cosi'? Oppure stiamo dimenticando qualcosa?.. Shanghai, uno dei tanti indimenticabili giorni tra agosto e dicembre 2007. Sono in stage nel dipartimento HR di un grande fondo finanziario cinese, da poco è entrato a far parte del team anche il mio conquilino americano Matt. Lavoriamo in un ufficio al 14 piano di uno dei tanti grattacieli di Pudong, l'area industriale di Shanghai, e da qui sembra di stare in Europa.. Ci sono tutti questi business-men che arrivano un pò spaesati dall'Europa, senza sapere nulla della Cina, si sentono superiori, all'avanguardia, migliori in tutto e per tutto. Li vedi entrare negli alberghi di lusso, girare in auto con l'autista e stare lontani da qualsiasi cosa definibile "cinese".. La storia è sempre la stessa, tornano in occidente con un pezzo di carta in mano, il contratto firmato con tanta facilità per avere una fusione o una joint-venture con qualche ricca società cinese. Ma vedete questi business-men sono come il Titanic, fieri e veloci, ma non si accorgono di essere stati speronati dalla parte sommersa di un iceberg.. quale iceberg? Quello della cultura (intesa come abitudini, usanze, storia, retaggi, ecc..). La cultura è un iceberg, di cui vediamo solo la punta fuori dall'acqua (i modi di fare, i comportamenti), ma le radici, l'importanza delle usanze, dei riti, quelle non si vedono, sono la parte sommersa. E così, dopo qualche mese, i brillanti business-men sono inviati nuovamente a Shanghai, bastonati dai propri capi perchè le cose non funzionano bene o peggio non funzionano affatto! Le società occidentali pensano al profitto, le controparti cinesi pensano a fare bella figura con il governo, ad incrementare l'occupazione e farsi stimare. Giorno dopo giorno il business-man è sempre più irritato, non capisce...cavolo e pure c'è un contratto scritto, firmato e controfirmato! Davanti a queste scene, quelli come me, Matt, e tanti altri occidentali che la Cina l'hanno vissuta e vi ci sono confrontati, non possono che sorridere e vedere il business-man affondare. Troppo occupato a farsi vanto della propria cultura non si è reso conto che in Cina un contratto scritto vale meno che niente, quello che conta è la stretta di mano, la negoziazione con i personaggi chiave dell'azienda, che avviene a tavola, davanti a qualche prelibatezza cinese. Il business-man non sa neanche che in Cina c'è il cosiddetto fenomeno del "Guanxi", il famoso "scambio di favori"... io dò qualcosa a te, cosi tu dai qualcosa in cambio a me. A volte basta un piccolo regalo personale, un pensiero dal paese di origine, un invito a cena.. per i cinesi le relazioni personali sono il primo punto per costruire delle buone relazioni di business..non si tratta di corruzione. E chissà come si è comportato a tavola, circondato da manager cinesi che gli riempivano il bicchiere per poi brindare dicendo "Ni sueì, wo ganbei!", formula di grande rispetto: "tu sorseggi, io bevo alla goccia"...sottointeso: in tuo onore! Probabilmente non ha mai ricambiato il gesto... probabilmente alla terza volta che gli è stato riempito il bicchiere ha detto basta senza nemmeno giustificare, senza sapere che dire basta all'invito di un brindisi è poco rispettoso e non proprio apprezzato. E cosa avrà risposto all'offerta di un pezzetto di medusa, di una zampa di gallina o di altre pietanze inusuali?: no grazie!
"Non apprezza la nostra cultura = non apprezza noi", sicuramente è questo ciò che hanno pensato i manager cinesi... e quindi alla fine hanno firmato un pezzo di carta, perchè fondersi con una ricca società occidentale è la miglior cosa che possa capitare, ma la mano non l'hanno stretta; il rispetto reciproco, l'incontro delle culture non c'è mai stato..
Sarebbe bastata un po di consapevolezza, un pò di apertura mentale, invece di considerare il tema cultura "aria fritta" e le cose sarebbero state molto diverse. Morale della favola: Un McDonalds a Shanghai non è un McDonalds, è un "McDonalds cinese"... e così è in tutte le parti del mondo. Ciò che è internazionale si adatta e si modella alle usanze dei luoghi: in una parola "GLocalizzazione" (http://it.wikipedia.org/wiki/Glocalizzazione) e non, erroneamente, globalizzazione.
Siete d'accordo?.. nell'attesa dei vostri feedback e commenti non mi resta che brindare con voi: "Ni men sueì, wò ganbei" (Voi sorseggiate, io bevo alla goccia.. sottointeso: in vostro onore!).
Enjoy it,
GiuS

1 commento:

  1. lo scotro/incontro tra le culture ci obbliga molto spesso a confrontarci con le considerazioni che hai espresso in questo post.
    l'attenzione alla cultura e alle tradizioni dei nostri interlocutori è valida in ogni contesto; per esempio lo stesso progetto di microcredito o di sensibilizzazione contro l'hiv/aids, ideato per un paese del sud america, non potrebbe essere direttamente riutilizzato per un paese africano....dovrebbe essere rielaborato nelle forme comunicative e nei mezzi proprio perché i beneficiari e i contesti ideologici e culturali sono diversi.
    il successo o meno di un progetto, seppur valido ed efficace, è condizionato fortemente anche dalla capacità di avvicinarsi al beneficiario e di modellarsi su di esso.

    francesca

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