domenica 22 novembre 2009

Il recruiting secondo Love My Job!


«"Ho sempre visto il mestiere del cacciatore di teste un po' come..." Mi interrompo, imbarazzata, e prendo un sorso di vino. Una volta ho spiegato a Natalie la mia teoria sui cacciatori di teste e lei ha detto che ero pazza e dovevo guardarmi dal raccontarlo in giro.

"Come cosa?"

"Be', come un'agenzia matrimoniale: abbinare la persona giusta al lavoro giusto".

Pare divertito. "E' un modo diverso di vederla: dubito che la maggior parte delle persone qui dentro sia interessata ad una storia d'amore con il proprio lavoro..." commenta facendo un gesto circolare verso la sala affollata.

"Forse lo sarebbero se trovassero il posto che fa per loro" ribatto. "Se si potesse far avere alle persone esattamente quello che desiderano..." »

- Sophie Kinsella, La ragazza fantasma, 2009 (Mondadori).

lunedì 16 novembre 2009

Il patto di prova come prolungamento del processo di selezione

Il primo post di Pier Paolo Sposato ci aiuta ad approfondire i dettagli del  periodo di prova ... perchè tutti noi abbiamo iniziato/inizieremo un rapporto di lavoro "provando". Gustatevelo e visitate il blog di provenienza del post per approfondire il tema.

Il fatto che uno dei post più cliccati del blog sia quello sul patto di prova mi fa supporre che questa sia una problematica emergente; è ormai da tempo che le aziende usano il periodo di prova come prolungamento del processo di selezione e ciò sta creando delle distorsioni in quello che era lo spirito della legge. E’ sufficiente osservare le sentenze che si sono succedute nel tempo, per comprendere che la magistratura del lavoro é stata chiamata diverse volte a stabilire la validità o meno del patto di prova, insistendo molto sulla necessità che, nei contratti di lavoro, siano specificate in modo chiaro ed esauriente le mansioni affidate al dipendente, poichè, in caso contrario, il patto di prova sarebbe nullo.


L’utilizzo del periodo di prova come prolungamento del processo di selezione, a mio parere, introduce un comportamento datoriale chiaramente sfavorevole per il dipendente che, in certe situazione può avere conseguenze drammatiche. Premesso che il licenziamento durante il periodo di prova, se non motivato, é legalmente condannabile qualunque sia il dipendente coinvolto, faccio notare l’enorme differenze d’impatto psicologico e sociale a seconda si si tratta di persona alla ricerca di un primo impiego o di persona che stia cambiando azienda.

Un individuo che stia cercando di cambiare lavoro, azienda, mansioni, non darà mai le dimissioni dalla sua attuale azienda sino a quando non gli verrà consegnata una lettera d’impegno dal nuovo datore di lavoro; il processo di selezione deve terminare a quel momento ed il periodo di prova deve servire al datore di lavoro a verificare se il nuovo assunto sta svolgendo le mansioni assegnate in modo accettabile; licenziarlo durante il periodo di prova significa mettere una persona in mezzo ad una strada e, pertanto, la magistratura deve valutare con maggiore attenzione queste interruzioni di rapporti di lavoro.

Ho due esempi che sono dimostrativi di comportamenti aziendalmente corretti e scorretti; nel primo caso il datore di lavoro ha specificato al dipendente che l’avrebbe confermato solo se, durante il periodo di prova, fosse riuscito a favorire un processo di fusione con la sua vecchia azienda. Il candidato, non sentendosi all’altezza della richiesta, ha rifiutato la proposta di lavoro a quelle condizioni.

La seconda azienda ha invece proposto al candidato un contratto con periodo di prova, limitandosi a citare la mansione, senza neanche descriverla in dettaglio; a pochi giorni dall’inizio della nuova attività il dipendente si é visto presentare degli obiettivi personali di tali dimensioni che, se gli fossero stati prospettati durante il processo di selezione, non avrebbe mai accettato di firmare. Questo individuo é stato licenziato alla fine del periodo di prova perchè non ha dato i risultati che l’azienda si attendeva.

Faccio notare che, stante l’attuale legislazione, questa persona sembra non avere alcuna protezione; chiedo alla magistratura se é giusto ritenere valido un licenziamento del genere. Ritengo che l‘art. 2096 del c.c. dovrebbe essere modificato nel senso di obbligare i datori di lavoro ad inserire, nei contratti con patto di prova, il dettaglio delle mansioni e dei risultati attesi nei mesi di prova.

giovedì 12 novembre 2009

Le novità di Love My Job!

Ladies & Gentlemen,

sentite quest'aria fresca, questo profumo indefinibile di mille culture che si uniscono? ... Che profumo è? Ve lo diciamo noi, è il profumo dell'internazionalità, della globalizzazione ... è il profumo del mondo! Presto sulla bella terrazza fiorita di Love My Job! troverete un angolo tutto speciale, in cui si parlerà di imprenditorialità, lavoro ed altro ancora nella lingua globale! Interviste a Love My Job! Spirits provenienti da tutto il mondo, esperienze di italiani all'estero, post ad - hoc sulla scena internazionale e davvero tanto altro!

Per l'inaugurazione dell'angolo ci sarà un'intervista speciale, un vero uragano di emozioni e consigli imprenditoriali ... Tutto questo e molto altro su ... The English Corner!

You Can't Miss It!

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Vi piace quest’idea? E non vogliamo di certo fermarci qui! Molti di voi ci hanno chiesto di provare a diversificare i contenuti che postiamo sul blog e noi non potevamo fare altro che accontentarvi. The English Corner è la prima novità ... Ma ne abbiamo una seconda in serbo per voi! Oltre ad un occhio decisamente più internazionale, il Team ha deciso di fornirvi anche una prospettiva più “specialistica” sul mondo del lavoro.

Come sapete infatti, la nostra mission è parlare di lavoro a 360 gradi. Detto questo, non possiamo trascurare l’approfondimento degli aspetti giuslavoristici che disciplinano il rapporto di lavoro. Ad esempio, capiremo bene le differenze tra lavoratore autonomo e lavoratore subordinato, oppure conosceremo i diritti/doveri del lavoratore e del datore di lavoro. Attenzione però: in questo caso “importeremo” i contenuti da un blog amico, curato da un professionista del settore e focalizzato sui temi che vi abbiamo accennato.


Per iniziare a farvi un’idea, date un’occhiata al blog ed al suo autore.

Siamo confidenti che apprezzerete i nostri sforzi per fornirvi contenuti di qualità sempre maggiore ... Ma voi continuate a seguirci! Commentate i post, dite la vostra sui temi che vi proponiamo. Love My Job! non può prescindere dal contributo della community e noi abbiamo bisogno del vostro entusiasmo per andare avanti.

Buona lettura!

LMJ! Team

lunedì 9 novembre 2009

A colloquio con Ale e Franz (parte seconda)… La location del colloquio


Welcome back: la scenetta di Ale & Franz che vi ho proposto nel mio ultimo post), come anticipato, mi ha offerto diversi spunti di riflessione. Oltre alle occasioni – ahimè – di errore del selezionatore, mi ha fatto anche ripercorrere con la mente le varie location dove ho affrontato colloqui (sia come candidata sia come selezionatore). Infatti nello sketch citato il povero Ale, oltre a dover affrontare un recruiter tiranno, deve addirittura incontrarlo nel suo ufficio, entrando attraverso una porta chiusa, in un ambiente del tutto privato e che – oserei dire – simboleggia un certo status: qui il recruiter si trova completamente a proprio agio e quindi in una situazione “di vantaggio”. Penso che chiunque si sentirebbe un po’ in soggezione prima di entrare in un posto simile!

Allora capite bene che anche il luogo dove si svolge il colloquio è una variabile molto importante, che può condizionare l’esito di un incontro. Per questo motivo, ogni selezionatore, così come è tenuto a pianificare gli aspetti più teorici del colloquio (leggendo in anticipo job description e CV, preparando una scaletta, etc.), dovrebbe anche occuparsi di preparare al meglio la location. Il modo di utilizzare e organizzare lo spazio a disposizione può infatti favorire (o deteriorare!) l’efficacia del colloquio, creando (o impedendo!) occasioni di apertura del candidato e lasciando un ricordo positivo (o negativo!) dell’esperienza alla persona.

Ma vediamo nella teoria quali potrebbero essere alcuni accorgimenti utili per organizzare un colloquio in una location “favorevole” al dialogo col nostro candidato.

Innanzitutto, occorre a mio avviso evitare il colloquio in stanze private, come quella della scenetta, e allo stesso tempo in posti troppo “pubblici” (pensiamo ad esempio a un ufficio open space). A mio avviso la scelta più efficace è quella di un luogo quanto più possibile neutro, come può essere una sala riunioni, dove recruiter e candidato abbiano la privacy necessaria all’incontro, pur trovandosi in uno spazio comune e non di presidio del solo selezionatore. Infatti, anche se il recruiter conosce già quello spazio, egli non lo gestisce né organizza in autonomia e questo favorisce la percezione nel candidato che il valutatore sia disposto a porsi sul suo stesso piano e ad aprirsi al dialogo.

Un altro accorgimento intelligente è rappresentare quanto più possibile l’azienda all’interno di questo spazio, sempre per agevolare un ricordo positivo del colloquio nel candidato, a prescindere dall’esito dello stesso. Un’azienda di beni tangibili di piccole dimensioni ad esempio può mostrarli in una teca; le aziende di servizi possono presentare le pubblicità più famose; oppure si può dare enfasi ai valori aziendali con speciali comunicazioni interne. Importante è anche mettere a disposizione qualche brochure che il candidato possa portare con sé al termine dell’incontro per ricordarsi dell’azienda.

Inutile dirlo poi, far sì che il candidato trovi tutto il materiale necessario per un colloquio: ad esempio fogli dove annotare appunti e contatti, penne, etc. Queste cose infatti non servono per forza solo al recruiter che prende appunti durante l’intervista!

Un capitolo a parte poi lo meriterebbe la prossemica, anch’essa molto importante per influire sul clima e sulla relazione durante il colloquio. Diverse collocazioni delle persone nello spazio hanno significati diversi. Ad esempio, sedersi a lato del candidato può favorire uno scambio più informale, mentre posizionarsi di fronte implica una certa distanza che può aiutare a mantenere formalità nell’incontro. In ogni caso mai fare l’errore di allestire lo spazio come un’aula da interrogazione scolastica, dove il recruiter si trova magari dietro una grande scrivania, seduto su una grande sedia, in posizione rialzata, mentre il povero candidato si trova costretto a guardarlo dal basso verso l’alto, seduto su una seggiolina stile Fantozzi: qui rischierebbe di sentirsi più che altro sotto interrogatorio. E di certo, in questo caso, oltre a non favorire un dialogo aperto, non riusciamo nemmeno a favorire un bel ricordo dell’esperienza per la persona.

Detto questo, tutto ciò che vi ho scritto finora è ovviamente “as it should be”: la perfezione dei libri di teoria HR … Ma avrete già capito che spesso nella vita aziendale reale le soluzioni perfette non sono sempre possibili e ci si deve accontentare di quelle “ottimali”. Nelle mie esperienze personali come recruiter e come candidata ho già vissuto colloqui tenutisi nei seguenti luoghi:

- sala riunioni enorme, dotata esclusivamente di un tavolo altrettanto enorme, e completamente vuota per il resto, dove ogni singola parola rimbombava come nel Gran Canyon

- sala riunioni confinante con la meeting room che ospitava un’assemblea sindacale dai toni particolarmente accesi, dove il candidato poteva “respirare un ridente clima aziendale” sentendo urlare insulti e informazioni confidenziali sui dipendenti

- bar sotto l’azienda, quando per ragioni di clima interno non si riteneva opportuno mostrare ai dipendenti i candidati per una posizione

- archivio polveroso, quando molto semplicemente gli altri recruiter avevano già prenotato e occupato tutti gli spazi comuni disponibili.

Insomma, i casi di location non proprio da manuale sono all’ordine del giorno. Per cui, se dovesse capitarvi una situazione del genere, ai candidati suggerisco di non farsi intimidire o deludere da questo primo impatto. Così come nel mio ultimo post dicevo ai recruiter che non sempre la prima impressione sul candidato rende giustizia, vale anche il contrario. Voi candidati siate comprensivi, perché a volte la situazione di disagio è dovuta solo a problemi organizzativi contingenti e non perché l’azienda non ci tiene a voi! Ai selezionatori non chiedo di mettere in pratica il feng shui nella location del colloquio, ma semplicemente do your best perché lo spazio a disposizione sia il più favorevole possibile allo scambio col candidato e ne guadagnerete anche in termini di risultati. Se ci dovessero essere situazioni borderline come quelle esemplificate sopra, siate trasparenti con il candidato e spiegate i motivi il più apertamente possibile; dopo di che cercate di condurre il colloquio nel modo più brillante che potete per rendere l’esperienza comunque positiva per la persona che avete di fronte.

Alice

martedì 3 novembre 2009

E' morto il CV


Cari lettori di Love My Job!, oggi abbiamo l'arduo compito di annunciare al mondo la morte del Curriculum Vitae.

Ne diamo il triste annuncio, ricordando l'enorme importanza che questo strumento ha avuto nei processi di recruitment.

Il CV soffriva da tempo di un male inguaribile e tremendo allo stesso tempo. Alcuni esperti hanno parlato di obsolescenza.

A breve forniremo maggiori dettagli sulle circostanze dell'improvviso ma annunciato decesso.

Cordoglianze alla famiglia (ricordiamo che anche la lettera di motivazione soffre di un'analoga patologia).

Os

lunedì 2 novembre 2009

A colloquio con Ale & Franz… Ovvero gli errori del selezionatore


Questa divertente scenetta di Ale & Franz mi ha offerto diversi spunti parlare dell’esperienza di colloquio. In primis il selezionatore Franz – particolarmente severo con il povero candidato Ale, che cerca in tutti i modi compiacerlo – mi ha fatto venire in mente un argomento che ho solo sfiorato nel mio post “A colloquio con Chris Gardner", ma che mi pare interessante sviluppare in questa sede: gli errori del selezionatore. Si tratta di una serie di errori di valutazione che è facile commettere anche nella vita quotidiana e dai quali quindi un bravo selezionatore deve sapersi guardare. Spesso questi errori vengono presentati ai corsi di formazione per selezionatori e personalmente, durante la il mio periodo formativo, erano diventati ciò che temevo di più del mestiere, prima di iniziare a svolgerlo in prima persona. Ma vediamoli più nel dettaglio qui di seguito – questa volta parlo meno direttamente a voi “candidati” che state leggendo, ma penso possa essere un’occasione interessante anche per chi non fa selezione, per comprendere meglio il mondo di quei recruiter che incontreranno a colloquio.

1) Severità: l’errore di severità (il primo che mi è venuto in mente nello sketch) si ha quando si tende a valutare negativamente i candidati su cui si è incerti, pensando in questo modo di non sbagliare … “Nel dubbio lo metto negativo”… Sbagliato! Se ci sono dei dubbi, si devono fare ulteriori verifiche: fare altre domande durante il colloquio oppure addirittura fissare un secondo colloquio.

2) Tendenza centrale: anche qui si manifesta quando si è indecisi nella valutazione, solo che in questo caso la tendenza è rimanere neutrali per non sbagliare. Magari il candidato non ha dato elementi sufficienti per la decisione oppure, come prima, si ha paura di sbagliare. Vale lo stesso consiglio di cui sopra: sempre cercare di approfondire per arrivare ad un giudizio completo.

3) Effetto alone (già citato nel post sopracitato): è l’estensione della valutazione di una caratteristica sulle altre, utilizzandola quasi da guida per interpretare tutto il resto. Altro errore simile a questo è lasciarsi colpire da una qualità “scioccante” in positivo o in negativo, che va neutralizzare tutto il resto (quando ci ricordiamo di una persona solo per quel particolare, dimenticando le altre cose che ha detto/fatto). Per evitare questi due errori, consiglio di prendere sempre appunti dettagliati durante il colloquio e stendere la valutazione qualche tempo dopo, a mente fresca, dopo che le sensazioni si sono affievolite, prendendo in considerazione l’intero contenuto di ciò che ci siamo appuntati.

4) Prima impressione: "La prima impressione è quella che conta"… Sì, è vero: è inevitabile che condizioni tutte le altre. Ma sapendolo, cerchiamo di non lasciarci condizionare troppo, perché non sempre la prima impressione rende giustizia, soprattutto ad un colloquio, quando il candidato si trova in una particolare situazione di stress!

5) Stereotipi e predizioni auto-avverantisi: se partiamo a priori con dei pregiudizi, finiremo per interpretare l’intera relazione utilizzando queste idee come chiavi di lettura e confermando perciò quanto immaginato inizialmente. Inutile dire che occorre essere consapevoli del possibile sbaglio; dopo di che, consiglio di chiedersi alla fine del coloquio: “Quando gli ho stretto la mano, cosa mi aspettavo dal colloquio? Perché?”. In questo modo ci renderemo conto se siamo partiti condizionati dai pregiudizi e potremo eventualmente rivedere la valutazione.

6) Ordine di informazione (detto anche “sandwich effect”): le prime e, soprattutto, le ultime informazioni, sono quelle che rimangono più impresse nella memoria. Ecco perché nei discorsi si inseriscono introduzioni accattivanti e finali a effetto. Il consiglio anche qui è prendere sempre appunti dettagliati, per poter rivedere in seguito il quadro completo.

7) Proiezione e Equazione Personale: il primo significa trasferire sugli altri il proprio modo di pensare e valutare la persona partendo dalle proprie esperienze e dal proprio modo d’essere; l’altro è la tendenza a valutare le persone secondo il modo in cui valutiamo noi stessi, considerando quindi positivamente chi ha le nostre stesse caratteristiche e negativamente chi ha caratteristiche diverse. Per non sbagliare, suggerisco di stendere la valutazione tenendo sempre sott’occhio la job description per essere il più obiettivi possibile rispetto a ciò che è richiesto dall’azienda. Inoltre, ricordiamoci che possiamo anche avvalerci di test psico-attitudinali, come supporto obiettivo alla nostra valutazione!

8) Gli standard: valutare negativamente le caratteristiche non affini al profilo ricercato. Teniamo presente che presto potrebbero aprirsi altre posizioni che quella persona potrebbe essere adatta a ricoprire.

9) Punti deboli: questo errore si verifica quando, dopo qualche domanda, si trovano nel candidato alcuni punti deboli rispetto alla posizione e se ne ha eccessivamente timore, non rendendosi conto che magari sono anche poco importanti per la posizione. Consiglio: quando troviamo punti deboli, verifichiamo subito cosa si può colmare con formazione ed esperienza on the job (e in quanto tempo): magari ci renderemo conto che non sono un problema insormontabile!

10) Effetto di contrasto: succede quando una persona si distingue da tutte quelle che l’hanno preceduta. Ad esempio, dopo aver visto a colloquio due o più profili non idonei, è facile che, se incontriamo un candidato anche solo di poco più adatto alla posizione rispetto ai precedenti, la valutazione risulti assolutamente positiva. Per ovviare a questo errore è utile avere una griglia di valutazione il più dettagliata possibile (e in questo le aziende grandi e strutturate aiutano) rispetto alla posizione; inoltre, fa comodo tenere un archivio delle valutazioni di tutti i candidati per potersi confrontare con quanto espresso in passato per profili simili.

Insomma, come vedete, cari candidati, anche il selezionatore deve fare attenzione a come si comporta durante un colloquio! Questi errori sono spesso citati nei libri di formazione e, come ho già detto, spesso incutono timore a coloro che dovranno selezionare new comers, anche perché spesso, quando se ne parla, si costruisce attorno questo alone di ineluttabile e non viene suggerito come evitarli. Per questo, sopra ho cercato di dare alcuni consigli per evitarli; consigli nati tutti dall’esperienza pratica. Ai futuri selezionatori dico quindi che non bisogna temere il momento della valutazione, perché è sufficiente seguire qualche piccolo consiglio all’inizio e lasciarsi guidare dall’esperienza in seguito. Per riassumere, direi che il miglior inizio è partire con la consapevolezza del fatto che è possibile commettere questi errori e seguire qualche accorgimento per evitarli, prendendo appunti, tenendo sempre come riferimento la job description, partendo da una griglia di valutazione ben chiara, aspettando un tempo ragionevole per stendere la valutazione a mente fresca e confrontarsi con le valutazioni in archivio di altri candidati. Vi assicuro che dopo poco tempo riconoscerete le vostre “debolezze” e saprete come evitarle!

Con questo non ho esaurito gli spunti che mi ha offerto la scenetta di Ale & Franz: perciò vi invito a seguire il prossimo post per un'altra riflessione sul colloquio!

Alice