venerdì 24 luglio 2009

Si va in vacanza. Staccate il blackberry (o no?)

Anche noi andiamo in vacanza e vi salutamo con il contributo del nostro HR Manager preferito. Arrivederci a settembre!

Cari Amici di Love My Job!

sempre connessi, come veri manager (!!!), e con il Blackberry sempre in funzione… attenzione: è giunta l’ora delle vacanze! Detta così sembra una minaccia!

Mai come in questi tempi tecnologici vale la battuta “staccare la spina”.

Ma stacchiamo veramente e riusciamo a rilassarci?

Per molti le vacanze sono un tornare alle origini (tornano presso le famiglie coloro che vivono lontano durante l’anno), per altri è il momento di dedicarsi più intensamente agli hobby; per alcuni invece è il momento dello studio di una lingua straniera o del dedicarsi con vigore all’attività sportiva preferita.

Sicuramente le vacanze dovrebbero rappresentare una pausa dalle nostre routine quotidiane.

E noi cosa faremo?

Un po’ di mare, un po’ di campagna, molte letture, un po’ di studio.

Ma i manager (uffa sempre loro) sanno “staccare”?

Certo chi ha incarichi di responsabilità, completamente non può mai staccare, ma stabilire delle priorità è concesso a tutti.

I manager in vacanza si dedicano alle letture (di management of course), di riviste specialistiche del loro settore, oppure si preparano report o pensano a nuovi progetti.

Il sociologo Domenico De Masi, qualche anno fa parlava di “ozio creativo”.

Ben lungi dall’idea di svogliatezza, pigrizia, o del “far nulla” per i romani antichi l’accento era posto sull’ozio come quel momento in cui essendo liberi dagli impegni quotidiani, ci si poteva finalmente prendere cura della propria “dimensione creativa”.

Io non sono per staccare la spina completamente (i miei amici napoletani dicono che in questo sono veramente milanese, come l’abitudine di bere il caffè “in piedi al banco”, da loro assolutamente deplorata).

Ho sempre pensato che essendo coinvolto in un lavoro che mi piace davvero molto, vi sia sempre stata molta commistione tra tempo privato (amici, famiglia, relax) e tempo pubblico (le attività lavorative). Con il giusto bilanciamento credo che l’atteggiamento corretto sia un giusto mix.

Alcune idee di business posso nascere nel cuore di una serata estiva con gli amici.

E poi una sana commistione è bella.

Per me significa che la vita lavorativa è piena ed appagante, e quindi anche quando siamo in relax, non dobbiamo avere paura di pensare qualche volta al lavoro. Se vivessi questa possibilità con terrore significherebbe che il lavoro non mi piace.

Certo il magone da lunedi viene anche a me, ma questa è un’altra storia.

Super indaffarati, super impegnati, super! Non a caso quando finalmente ci si rilassa completamente molti accusano disturbi di salute, ad esempio le c.d. cefalee da fine settimana. Forse dovremmo cercare un giusto equilibrio non solo durante le vacanze ma durante tutto il normale periodo lavorativo.

Le vacanze come riscoperta. Più tempo da dedicare agli affetti. Più tempo per parlare. Più tempo per riscoprire e ritrovate tutto ciò che è stato dimenticato od accantonato. Ritrovare il silenzio: ovvero cercare di stare con se stessi per “sentire” se stessi. Forse nel caos in cui siamo inseriti, e da cui siamo assorbiti, si è persa un po’ l’abitudine al silenzio. Staccare tutto, non essere raggiungibili da nessuno. Raggiungere noi stessi quei nostri “luoghi interiori” che nelle normali giornate lavorative tendiamo ad evitare. Forse è questa una vera conquista di libertà. Una vera vacanza.

Riusciremo a stare staccati da Twitter, Facebook, Linkedin? (o comunque a limitarci nell’accesso?) Ci ricorderemo di quando eravamo bambini ed eravamo capaci di astrarci da tutto ciò che ci circondava, da tanto che eravamo assorbiti dai primi videogiochi portatili? Capitalizzeremo questi vissuti per riporre cellulari, laptop e quant’altro? In sintesi: saremo veramente in grado di goderci le vacanze?

Oggi molte riviste parlano di “bon ton” delle vacanze. Vogliamo essere da meno?

- La spiaggia non è la sala Board quindi niente call conf coinvolgendo ignari (e sconfortati) vicini di ombrellone;

- Non infierire sui collaboratori che sono in vacanza, se non è strettamente necessario;

- Le tipiche attività estive (boccette, partite in riva alla spiaggia, tornei vari), devono essere organizzate con una sana spensieratezza, senza necessariamente preoccuparsi di SLA, projec management…. Una partita di calcetto deve essere una partita di calcetto, non una riunione del consiglio di amministrazione;

- Si è vero, anche durante le vacanze (con le braghette corte) si fa network (però facciamolo in modo rilassato!);

- Complici le tecnologie è vietato inviare foto dai soliti luoghi ameni ad amici e colleghi che sono ancora al lavoro tormentandoli con “è così bello”, “guarda qui”, “sei invidioso”

- Non farsi prendere da crisi isteriche se sotto l’ombrellone si scarica il cellulare (pochi giorni fa ho letto un articolo che pubblicizzava un nuovo ombrellone ad energia solare con carica batterie incluso);

- Visitare i musei cogliendo il bello ed il sublime, evitando di progettare un business plan per far conoscere maggiormente “questo dipinto che non è abbastanza pubblicizzato”;

Quindi: divertiamoci, rilassiamoci, dedichiamoci a ciò che ci piace di più. Insomma andiamo veramente in vacanza in quel senso letterale del termine che ci richiama a “lasciare libero, senza occupazioni”.

E per concludere condivido con voi la regola che mi sono dato per questa estate.

La regola “ROR”: Rilassarsi, Oziare, Ritemprarsi.

Buone Vacanze a tutti e buon ROR!

Ma voi cosa farete durante queste vacanze? (Fatecelo sapere!)

Eugenio Pelitti

PS: il mio Blackberry sarà acceso (of course!), ma non è detto che io vi risponda …

sabato 18 luglio 2009

Ed ora siamo in 4! Chi ci ferma più?

Cari lettori, un paio di settimane fa JAzz ci ha chiesto di unirsi al team di autori permanent di Love My Job!. E noi che siamo sempre alla ricerca di personaggi in grado di farci guardare il mondo del lavoro da un’angolatura ogni giorno differente, come potevamo dirgli di no?
Ve lo presentiamo subito. Chi è JAzz?
Si tratta di un giovanotto che ha portato a casa una laurea Bocconi in Economia Aziendale, per poi specializzarsi in ambito Organizzazione e Sistemi Informativi sempre nell’Ateneo milanese. Durante la sua prima esperienza lavorativa in una multinazionale della consulenza, si è occupato di Coaching su figure chiave all’interno di una banca, subito dopo un processo di merger; successivamente ha spostato il focus su temi di Employer Branding e Recruiting legati al mondo del Web 2.0 all’interno di una multinazionale delle telecomunicazioni. Mica male eh?
Ha vissuto a Praga per qualche mese, approfondendo “con interesse” la aree Marketing & Sales (è giusto arricchire il proprio percorso accademico e professionale, ricordate? http://thelovemyjobblog.blogspot.com/2009/05/cerco-lavoro-help.html). Non vogliamo soffermarci invece sulle esperienze “di vita”, perché altrimenti usciremmo decisamente fuori tema!
Quale sarà la prospettiva del nuovo autore? JAzz è convinto dell’esistenza di un link tra HR e tecnologia: la sfida, a questo punto, è riuscire a dimostrarcelo (in realtà noi ci crediamo già e lo abbiamo ribadito più volte)! E mentre aspettiamo il primo post con estrema curiosità, non p ossiamo che porgergli un calorosissimo benvenuto a bordo.
Un’ultima comunicazione: anche Love My Job! si concederà un po’ di ferie estive. Vogliamo assicurarvi però che durante le vacanze ci dedicheremo all’approfondimento, al dibattito ed alla scrittura. Ripubblicheremo i post più significativi, per chi se li fosse persi … ed a settembre ripartiremo in quinta, con tutta una serie di nuovi post scritti esclusivamente per il piacere della nostra community.
Dovrete letteralmente starci dietro! Continuate a seguirci e continuate a parlate di noi!
Enjoy Love My Job!

giovedì 16 luglio 2009

L’inquietudine della scelta

Cari Amici di Love My Job!
Qualcuno intorno a me è in un momento delicato. Deve fare delle scelte (e visto l’argomento che ci tiene uniti in questo blog sono scelte … di lavoro). Dopo tanti colloqui, dopo tanto cercare, dopo quelle interminabili settimane tra un colloquio e l’altro quando sembra che tutto sia fermo, dopo tutte quelle volte che “ce l’ho fatta” e poi arriva la terribile lettera (o per stare al passo con i tempi, la mail) “siamo spiacenti ……” ecco che … arrivano contemporaneamente due offerte!
Vi sarete sicuramente trovati anche voi in questa situazione (e meno male, perche la possibilità di scegliere non viene data esattamente a tutti – quindi o siete fortunati o siete bravi, e secondo me siete bravi [d’altronde seguite Love My Job!]).
Che fare? Beh scegliere la migliore!
Si … ma la migliore in base a cosa? E soprattutto la migliore di oggi è quella vincente sul lungo periodo?
Che cosa si fa? Non abbiamo la sfera di cristallo in cui scrutare e cercare consiglio.
Si ascoltano gli amici, certo.
Si guarda al contesto. Si soppesano i dati economici. Si valutano le esperienze analoghe fatte da persone che rappresentano per noi dei punti di riferimento.
Ma alla fine si scegli da soli.
Un vecchio motto voleva che “i capitani di marina mangiano da soli” in quanto nel momento “dell’estrema decisione” sarebbero stati soli e di conseguenza quel pranzare senza compagni era, in qualche modo, un esercizio delle loro responsabilità.
Ad un amico consiglierei di guardare lontano. Non fermarsi all’oggi. Non valutare solo questo preciso momento, ma provare a comprendere le opportunità future.
La Brand? Certo un nome importante può essere un vantaggio. Il team di lavoro è fondamentale (sono persone conosciute? Apprezzate? Stimate?) .
I temi di cui ci si occuperà sono mera routine o incideranno sul futuro dell’organizzazione? Sono previsti dei cambi radicali, innovazioni, nuovi progetti o si aspettano tempi di mantenimento e staticità?
Ed il fattore economico? Certo incide (deve incidere), ma dal mio punto vista non è (e non deve essere) il più importante.
La logistica? La mia prima esperienza di lavoro è stata a due passi dal Duomo di Milano. Tutte le mattine attraversavo la Galleria, passavo davanti alla Scala ed andavo in ufficio. Non c’è che dire. Non male. Ma le esperienze che ho gustato di più … sono state quelle decisamente fuori dal centro città! Certe nebbie in provincia di Lodi … (e dire che sono un fautore del cosiddetto Worklifebalance – solo che non ho ancora capito da che parte sta il balance).
L’esperienza è solo italiana o avrà/potrà avere opportunità internazionali?
In sintesi: scegliere è sempre un gran …………
Cosa dire al mio amico e a tutti gli amici? Prendo in prestito le parole che disse una volta l’ex Maestro Generale dell’Ordine Domenicano, p. Timothy Radcliffe: “Ad un giovane […] chiederei di desiderare con passione … E vorrei anche che fosse curioso, inquieto, che sapesse provare meraviglia, che si chiedesse sempre il perché delle cose, senza accontentarsi di risposte facili”.
Bene, al mio amico io auguro tutta l’inquietudine possibile della scelta. Perché attraverso l’inquietudine saprà scegliere la strada migliore.
A tutti coloro che stanno scegliendo, i migliori auguri!
Eugenio Pelitti

martedì 14 luglio 2009

Carpe Colloquim

Oggi mi allontano un po’ dal consueto appuntamento con il colloquio per parlarvi una tantum di un importante passo che lo precede: il primo contatto telefonico per la convocazione a colloquio. Con un pizzico di fortuna, siete contattati da un’azienda interessante che vi offre una posizione altrettanto interessante: ovviamente, in questo caso, non sussiste alcun problema e accettate l’incontro per il colloquio senza alcuna difficoltà. Purtroppo però a volte l’occasione non è così ghiotta e capita di chiedersi se valga la pena accettare la proposta. Vorrei quindi distinguere diversi casi e cercare di dare alcuni consigli. Caso n.1: l’azienda che vi ha chiamati non vi attira. Magari è per l’immagine che comunica all’esterno; oppure per le dimensioni; oppure per il settore merceologico in cui opera; oppure semplicemente perché ha sede nel paesino più sperduto della Pianura Padana, avvolto nella nebbia 365 giorni all’anno. Il mio consiglio è: andate al colloquio! Forse non sarete entusiasti, ma tenete presente che non siete obbligati ad accettare nessuna offerta. Intanto però farete un’esperienza di colloquio (tanto per tenervi allenati nell’autopresentazione, nelle modalità comunicative e nella conoscenza delle possibili domande) e, in più, avrete l’opportunità di conoscere da vicino un’azienda nuova (potrete approfondire la conoscenza che ne avete dal sito web o dal passaparola, osservare l’ambiente di lavoro, porre domande al selezionatore in merito all’organizzazione aziendale, ai valori, ecc.). E poi chissà… Magari scoprite che non è così male! Caso n.2: la posizione per cui vi hanno convocati non vi interessa. Il mio consiglio in questo caso è: valutare se andare al colloquio. Direi che se l’ambito di interesse è consono alle vostre competenze e sono solo le mansioni a crearvi dei dubbi, andate: come vi ho già spiegato, spesso si viene convocati per un ruolo e poi si scopre che in realtà sono comprese anche altre mansioni di cui non vi avevano accennato. Altrimenti, se ad esempio vi convocano per una posizione in finanza, mentre il vostro interesse e strettamente legato al marketing, mi sento di consigliarvi di essere trasparenti e far presente che il vostro interesse è per un’altra area (in modo cordiale, mi raccomando!!). Aggiungete però che, nel caso l’azienda fosse comunque interessata ad incontrarvi, voi sareste molto lieti di conoscerla! Ci sono aziende, infatti, che convocano anche per colloqui conoscitivi oppure in previsione di posizioni non ancora rese pubbliche; in questo modo non perderete importanti occasioni. Caso n. 3: vi convocano per un colloquio conoscitivo. Magari al momento avete già un’occupazione e vi trovate bene: vi chiedete quindi se è il caso di spendere energie e magari anche soldi per un colloquio conoscitivo. Il mio consiglio anche in questo caso è: andate al colloquio! Oltre all’opportunità di conoscere l’azienda e fare “pratica” di colloqui, è importante per “creare nuove occasioni”. Mi spiego. Purtroppo anche nel lavoro non va sempre tutto bene: una situazione stabile può diventare instabile, un buon clima può diventare pessimo, un ruolo può diventarvi stretto col tempo. Fare colloqui conoscitivi serve appunto per farvi conoscere e creare contatti, in modo che, il giorno che vorrete cambiare lavoro, avrete già presente delle valide alternative. Anche in questo caso ricordatevi che non siete vincolati ad accettare nessuna proposta! Vi VIETO espressamente risposte come “No guardi, io ho già trovato uno stage”: dimostra poca curiosità, poca lungimiranza per il proprio futuro e poco slancio per migliorare la propria situazione lavorativa. E anche alcune risposte quali “Eh, ma io lavoro e non posso prendermi un permesso”: si può sempre trovare un compromesso. Innanzitutto nessuno è indispensabile: l’azienda farà a meno di voi per il tempo di un colloquio senza per forza andare in fallimento! E se il capo fa storie per il permesso, gli ricordate che non ne state approfittando, ma che vi spingono importanti motivazioni. Un paio di consigli pratici: chiedete sempre di mandarvi un’e-mail con i dettagli del colloquio, per avere un riscontro scritto di data e ora; segnatevi invece durante la conversazione il nome della persona con cui state parlando, nel caso ci fossero problemi e dobbiate ricontattarla. Il messaggio che vorrei trasmettere è molto vicino ad un carpe diem. Ogni convocazione è un’opportunità che siete chiamati a cogliere. Il lavoro, le aziende, le persone, come tutto ciò che accade nella vita… sono imprevedibili: non potete sapere che cosa si concretizzerà. L’importante è non farsi frenare dai pregiudizi lasciandosi sfuggire delle opportunità, ma gettare sempre le basi per nuove esperienze, comportandosi in modo intelligente e cortese. Perché da ogni piccola cosa può nascere una nuova collaborazione. Tentar non nuoce! Alice

lunedì 6 luglio 2009

A colloquio con Chris Gardner (“Alla ricerca della felicità”)

Eccomi a commentare un colloquio davvero famoso. Il protagonista del film “Alla ricerca della felicità”, Chris Gardner, dopo aver colpito un broker di successo grazie alla sua determinazione e alle sue abilità cognitive (nella famosa scena in cui risolve il cubo di Rubik), viene da lui convocato a colloquio in azienda. La sera prima, però, mentre imbianca l’appartamento, Chris viene arrestato per morosità di multe in arretrato e al mattino non ha la possibilità di cambiarsi d’abito. http://www.youtube.com/watch?v=yZsL9mGkMHE Veniamo quindi ad alcuni commenti, scena per scena. - Chris attraversa l’ufficio per andare nella sala colloqui. In quel momento lui vede esattamente come lavora un broker in quell’azienda: un colloquio è un’ottima occasione per conoscere un’azienda da vicino, scoprendone la cultura, i valori e il clima aziendale. - Chris stringe la mano ai selezionatori. A tutti stringe la mano e su tutti durante il colloquio dosa bene lo sguardo. Molto positivo: è importante saper coinvolgere l’intera audience mentre si parla. - “Ho cercato di trovare una storia per giustificare… La verità è che…”. Chris non inventa esperienze o abilità fittizie che possano persuadere i selezionatori della sua idoneità, ma si mostra con trasparenza, aprendosi con fiducia agli interlocutori. Certo, durante il colloquio non rinuncia promuovere se stesso, ma lo fa attenendosi alle sue reali capacità e mostra così la sua affidabilità. - “E’ asciutto adesso?”. Alla domanda canzonatoria, Chris risponde sorridendo. In una situazione di così alta tensione, chiunque avrebbe potuto reagire male alla provocazione. Invece il suo atteggiamento positivo dimostra ottime abilità relazionali: apertura mentale, socievolezza e resistenza allo stress. Chris ragionevolmente sarà capace di mantenere un buon clima con i colleghi anche nelle situazioni di tensione sul lavoro. - “Ha già iniziato a studiare?”. Chris risponde di sì, ma chi ha visto il film sa che non è vero. Qui dimostra motivazione ad apprendere, ma se gli avessero fatto una domanda tecnica sul mestiere, come “prova del nove”? Il mio consiglio è di non avventurarsi mai in affermazioni non vere, perché c’è sempre un modo per indagarle e in quel caso il ritorno è devastante. Ancora una volta, trasparenza! - “J. dice che lei è molto determinato”. E’ una sorta di controllo delle referenze. Un po’ come quando ve le chiedono nel CV. Per un selezionatore sono importanti per verificare il vostro comportamento nel lavoro reale, al di fuori del setting studiato del colloquio. - Il riferimento al “primo della classe”: se il riferimento è relativo come in questo caso, non scrivetelo sul CV: evitate le brutte figure. Scrivete tenendo presente che tutto può essere poi verificato a colloquio e che quindi tutto deve essere dimostrabile. - “Sono il tipo di persona che…”. Con questa incisiva autopresentazione, Chris mostra in modo molto carismatico le sue principali caratteristiche personali: trasparenza, problem solving, determinazione e orientamento al risultato. Le ritrovate anche voi analizzando il suo discorso? - “Magari indossava un bel paio di pantaloni”. La risposta denota di nuovo quella socievolezza di cui ho accennato sopra e, in più, costituisce a mio avviso una modalità creativa e rispettosa per dimostrare la propria capacità di dominanza. Con rispetto e restando alle regole del gioco del selezionatore, Chris dimostra di tenergli testa. - “Le faccio sapere”. Chris non può permettersi uno stage non retribuito, ma chi ha visto il film sa che accetterà comunque. Una bella lezione di motivazione! Come riflessione finale, vorrei precisare che il successo di Chris non è dovuto al fatto che questa modalità comunicativa sia SEMPRE quella vincente. Chris ha certamente qualità positive in assoluto (per esempio, la determinazione); tuttavia il suo approccio è molto azzardato: non ha un’immagine curata, non ha un curriculum d’eccellenza alle spalle, ha qualche carenza grammaticale nell’esposizione, quasi interrompe il selezionatore per il suo discorso “Sono il tipo di persone che…”, ecc. Ancora una volta, quindi, vi riconduco all’importanza della posizione. Provate a pensare al ruolo commerciale del broker: quali sono i requisiti fondamentali della figura? Quelli che abbiamo commentato sopra: carisma, socievolezza e doti comunicative per instaurare/mantenere la relazione col cliente; trasparenza per ispirargli fiducia; dominanza per tener testa all’investitore arrabbiato o aggressivo; determinazione e orientamento al risultato per raggiungere gli obiettivi di vendita; resistenza allo stress per lavorare in un ambiente come quello che avete visto nella prima scena. Insomma, dal colloquio di Chris sono emerse tutte le caratteristiche necessarie alla posizione: ecco la chiave del successo. Provate a pensare ad altri ruoli: tutta quella dominanza e tutta quella socievolezza, così positive per questo ruolo, non rischiano invece di diventare eccessive? Concludo questa volta rivolgendomi ai selezionatori che ci stanno leggendo: i recruiter del film ci mostrano due grossi errori che vorrei si tenessero sempre presenti, per evitarli in selezione. Il primo: far trasparire la valutazione dopo la risposta del candidato. Mi riferisco all’espressione del selezionatore dopo la domanda sul “primo della classe”: il candidato percepisce immediatamente la propria non-idoneità ai requisiti richiesti. Il secondo: il ridere di gusto del selezionatore dopo la risposta “Magari indossava un bel paio di pantaloni” è un campanello d’allarme per una mancanza di obiettività nella valutazione del profilo, come in una sorta di “effetto alone” (http://en.wikipedia.org/wiki/Halo_effect). Quella risposta geniale è talmente incisiva che potrebbe cancellare tutti gli “scivoloni” fatti da Chris durante il colloquio. In questo caso Chris ha tutte le carte in regola per la posizione, ma non sempre è così: attenzione quindi a rivedere l’intero profilo con obiettività! PS. Lo sapete che nel libro autobiografico di Chris Gardner la scena è molto diversa? Rimando a un prossimo post i commenti su questo diverso colloquio :-)
Alice

venerdì 3 luglio 2009

Is man a social .. networker .. animal?

Non ve ne eravate resi conto? L’uomo è passato dall’essere un comune animale social ad un ben più evoluto animale social networker. La causa di questa trasformazione è semplice: alcuni precoci visionari della programmazione HTML hanno dato all’umanità intera (niente fa più globalizzazione di Facebook!) la possibilità di connettersi tramite reti virtuali di potenza pressoché infinita. Oramai è dimostrato: siamo potenzialmente connessi ad ogni individuo presente sulla faccia della Terra attraverso 6 passaggi al massimo.
Proliferano i social network, ma con quali conseguenze? Semplice: le reti di contatti sono arrivate a poter influenzare innumerevoli e fino a ieri impensabili aspetti della nostra vita. Se ci riflettiamo bene, possiamo annoverare i social network tra le fonti delle notizie più disparate: confesso di aver appreso della morte di Michael Jackson leggendo gli status dei miei contatti Facebook; e Twitter? Sembra sia diventato il modo più facile di inviare comunicazioni al mondo dall’Iran devastato dalla violenza, con tutte le manipolazioni del caso.
Abbiamo già parlato dell’impatto dei social network sul recruiting, focalizzandoci sulle potenzialità di LinkedIn (http://thelovemyjobblog.blogspot.com/2009/06/la-presenza-sul-web-puo-influenzare-la.html): uno strumento efficace per curare il proprio network online e mettersi in vetrina per future opportunità lavorative. Oggi però vogliamo occuparci d’altro, provando a comprendere l’impatto dei social network sulle organizzazioni.
Sappiamo che ogni network si concretizza in (ed è rafforzato da) uno scambio di informazioni tra i contatti. Ben prima dell’arrivo dei social network di ultima generazione, era stata la posta elettronica a rivoluzionare la comunicazione tra reti in termini di efficienza, velocità e riservatezza. Oggi questo strumento non solo è ancora saldamente l’alfiere della comunicazione aziendale, ma sta diventando oggetto di studio alla pari dei canali più innovativi che citavamo prima. Questo primo dato dovrebbe farci riflettere.
Ma approfondiamo: cito uno studio pubblicato su New Scientist (autori: Collingsworth/Menezes) e riportato da Corriere.it (http://www.corriere.it/cronache/09_giugno_23/azienda_crisi_email_mastrolonardo_7e61ad54-5fe8-11de-bd53-00144f02aabc.shtml). Nelle settimane precedenti il fallimento di Enron, il flusso di e-mail all’interno dei network aziendali era completamente cambiato, assumendo caratteristiche molto particolari. I ricercatori hanno notato come le persone fossero arrivate a comunicare esclusivamente tra “cricche”, ovvero network composti da poche persone e chiusi verso l’esterno; la mancata condivisione di informazioni vitali tra network aziendali è stata considerata come un vero e proprio sintomo dell’imminente disfatta del colosso del trading energetico.
Pur avendo a disposizione potentissimi strumenti di network intra ed extra aziendali, nei momenti di massima criticità sono le piccole cricche a dominare la scena organizzativa. Le logiche del pettegolezzo, dei riti quasi “tribali”, dei simboli e dei miti aziendali sono ancora elementi troppo difficili da sradicare dalla nostra cultura. Che rimanga tra noi..
Ma allora? Il networking mediato dalla tecnologia impatta davvero sulla vita organizzativa? E’ certo che il tema è hot; sappiamo che le aziende si stanno dotando di professionalità sempre più legate al Web 2.0; ma nei momenti decisivi, sembriamo reagire esattamente come avremmo fatto 30 anni fa, quando le prime e-mail arrancavano nei cavi di rame per raggiungere gli schermi dei nostri PC.
E voi cosa ne pensate? Enjoy!
Os

mercoledì 1 luglio 2009

Gestire i propri atteggiamenti: una risposta allo stress... e a tanto altro!

Sicuramente conoscete qualcuno che è solito dire: "io sono fatto così, mi stresso facilmente", oppure qualcosa del tipo "quando succedono queste cose io mi deprimo..non posso farci niente".
Ognuno di noi reagisce al mondo esterno in modo diverso.. è il nostro carattere, un insieme di caratteristiche innate e di esperienza di vita (cultura, insegnamenti, contesto familiare..) che ci rende unici e, purtroppo, a volte anche "schiavi" di noi stessi.
Stanchezza, nervosismo, tristezza, ansia, sono solo alcuni dei nostri stati d'animo interiori che esterniamo tramite i nostri atteggiamenti, ovvero gesti, posture, pensieri, sguardi e comportamenti. Pensateci bene..una persona depressa tende ad avere un viso triste, le spalle abbassate e probabilmente una serie di pensieri pessimisti; una persona stressata tende a mostrarsi stanca, disorganizzata e di solito molto ansiosa. Come vedete, i nostri atteggiamenti esprimono esattamente quello che sentiamo dentro.
Secondo alcuni esperti di comportamento organizzativo e coaching (http://www.linkedin.com/in/tomasbay ; www.tonyrobbins.com/Home/Home.aspx) questa relazione tra attitudine e stati d'animo non è univoca, in parole povere non è solo lo stato d'animo ad influenzare l'atteggiamento ma anche il contrario!
Quello che ci stiamo dicendo è semplice e il miglior modo per capirlo è sperimentarlo:
Provate a sorridere per qualche minuto.
Ora descrivete quello che provate... avete ancora voglia di sorridere vero? Probabilmente vi sentite anche più sereni.. possibile?
Ebbene si, quando utilizziamo i muscoli del viso per sorridere il nostro cervello collega il nostro atteggiamento allo stato d'animo positivo a cui di solito è associato ed è stimolato a comportarsi di conseguenza.
Stessa cosa accade se provate a tenere le spalle diritte e camminare a testa alta dopo che qualcosa è andato storto e siete un po' depressi... vi riprenderete molto prima (e soprattutto non vi sentirete chiedere da 20 persone "cosa c'è che non va").
L'esercizio appena svolto è solo una parte del cosiddetto TRIAD model concepito dal famoso coach motivazionale Antony Robbins (www.tonyrobbins.com/Home/Home.aspx). Il TRIAD si basa sulla considerazione che gli esseri umani sono capaci di alterare i propri atteggiamenti utilizzando 3 modalità differenti. La prima è quella Fisiologica, che abbiamo appena appreso, la seconda è quella del Focus e la terza quella del Linguaggio/significato.
Il Tai Chi, lo Yoga e perché no, anche il golf sono tutte discipline che agiscono sulla postura, l'utilizzo del corpo e la respirazione, indirizzando il nostro cervello verso stati d'animo legati alla calma, la serenità e la stabilità interiore.
Altre attività come scrivere, ascoltare musica, leggere, possono, invece, essere ricondotte alla modalità del Focus, cioè la concentrazione su un'attività specifica che il nostro cervello associa a stati d'animo positivi. Di solito si tratta di attività semplici che non richiedono un forte dispendio di energie psichiche e che sono facilmente praticabili. Diventare miliardari in un'ora è una bella attività...ma vi assicuro che provandoci ne uscirete ancora più depressi... meglio puntare su qualcosa di fattibile!
Il "pensare positivo" invece rientra nella terza modalità, Linguaggio/significato. Ciò che ci accade attorno non è mai solo bianco o nero, vedere le cose da una prospettiva diversa aiuta il nostro cervello ad attivarsi ed uscire dalla schiavitù di un particolare stato d'animo in cui ci ritroviamo. Ovviamente questo non vuol dire che bisogna sempre essere ottimisti, ma semplicemente cercare sempre una o più alternative o spiegazioni possibili... e nel peggiore dei casi, quando non c'è nulla da fare, la parola chiave è LIFE GOES ON... lasciate cadere il masso nell'acqua e continuate a remare! Oltre al pensare positivo, fa molta differenza anche il "comunicare positivo", a se stessi e agli altri. Dire "non è andata benissimo, la prossima volta sarà perfetto" ha sicuramente un impatto emotivo migliore risposta a dire "è andata male, non voglio pensare a come andrà la prossima volta", non credete?
Bene! Allora sorriso smagliante e spalle diritte; obiettivi chiari e pensiero positivo... ecco le basi per affrontare lo stress e le altre situazioni negative nel migliore dei modi!
Fateci sapere se il TRIAD model funziona davvero!
Nell'attesa... Enjoy it!
GiuS