lunedì 29 giugno 2009

A colloquio con Peter Griffin …ovvero tutto ciò che si deve sapere sulla domanda “Dove si vede fra cinque anni?”

Ebbene sì. Come primo commento a una scena di colloquio, ho scelto la serie animata poco politically correct “I Griffin - Family Guy”: vedrete che questa scena costituisce uno spunto davvero interessante! Infatti, dopo esserci fatti quattro risate alla risposta di Peter Griffin, possiamo considerare seriamente la domanda posta dal selezionatore: “Where do you see yourself in five years?”.
Quante volte ho sentito persone lamentarsi perché a tutti i colloqui devono rispondere a questa domanda… Penso che nello sketch sia ripresa proprio come stereotipo del classico colloquio, quasi a voler scimmiottare i selezionatori, accusati spesso di poca fantasia. In realtà – vi posso assicurare – è una domanda di fondamentale importanza.
Vi illustro in breve cosa permette di indagare.Il quesito approfondisce l’analisi di quella che può essere definita "l'area realizzativa” del candidato, che comprende le capacità di raggiungimento degli obiettivi, di organizzazione e di orientamento professionale. In particolare, si cerca di far emergere quanto segue.
1- La chiarezza degli obiettivi. Saper rispondere in modo preciso alla domanda dimostra il grado di maturità del candidato: avere obiettivi chiari è sintomo di auto-consapevolezza e determinazione.
2- Le capacità organizzative. L’essere in grado cioè di creare e intraprendere un percorso coerente, che porterà al raggiungimento delle proprie aspettative. Questo – capite bene – impatta anche sulle capacità cognitive della persona; in particolare, sull’abilità di tracciare nessi logici e agire secondo una visione d’assieme.
3- L’energia e l’intraprendenza. Dalla visione del proprio futuro professionale a cinque anni di distanza si può dedurre il grado di iniziativa che la persona impiega in ambito lavorativo.
4- Il modo di porsi rispetto al futuro. Com’è la visione del proprio futuro? Logica e razionale, ancorata alla realtà? Oppure di fantasia? Ottimistica o scettica? Consiglio: evitare comunque atteggiamenti troppo disfattisti: nessuno vorrebbe inserire una persona che si arrende già in partenza!
Date le caratteristiche del candidato, si valuta quindi se quanto emerso risulta coerente con gli sviluppi che la posizione può offrire. Ancora una volta, quindi, non esiste una risposta giusta e una sbagliata: dipende dalla posizione. Esistono ruoli adatti a chi vuole crescere verticalmente, altri per chi vuole cambiare mansioni orizzontalmente, altri per chi vuole specializzarsi diventando un esperto in una disciplina, altri ancora per chi vuole semplicemente una stabilità lavorativa, ecc.
Come mai si dice “cinque anni”? Come mai a volte sono “tre”? Beh, il fatto che siano sempre cifre dispari non me lo spiego neanch’io… Tendenze ossessivo-compulsive da sindrome del selezionatore, forse ;-) Scherzi a parte, in realtà si vuole solo dare un orizzonte temporale ben definito, favorendo così un’analisi delle capacità organizzative della persona. C’è differenza infatti tra quello che si può fare in tre anni o in cinque. E una persona con buone capacità cognitive dovrebbe essere in grado di capirlo, rispondendo quindi in modo coerente. A volte, infatti, si combinano addirittura i due orizzonti temporali: es. “Dove si vede tra tre anni?” – segue la risposta del candidato – segue ancora la domanda “E tra cinque?”.
In conclusione, data l’importanza del quesito, consiglio sempre, prima di un colloquio, di ragionare sulla risposta che volete dare: a parte non farvi cogliere impreparati, vi aiuterà anche a far ordine nelle vostre aspettative, a riflettere su cosa volete davvero diventare, a capire se vi siete candidati a un ruolo che vi piacerebbe davvero svolgere. Vi invito a pensarci per ogni colloquio perché è possibile che le vostre aspettative cambino, anche dopo poco tempo, in base alle esperienze che state vivendo.
Ah, dopo tutto questo, una raccomandazione agli appassionati de “I Griffin”: non è il caso di rispondere “Tra cinque anni avrò conquistato il mondo” alla Stewie…
Alice

venerdì 26 giugno 2009

Chi chiude, non può essere colui che riapre

Una fresca primavera I raggi del sole come ogni mattina primaverile si facevano strada tra i palazzi per raggiungere, in fondo allo stretto vicolo, i vetri azzurati di uno dei più grandi grattacieli di Milano. Maestoso ed austero, come vuole la tradizione milanese, ma eppure appena percepibile. Nascosto. Dagli inizi degli anni sessanta era la sede di una delle più importanti multinazionali presenti in Italia. Il caffè preso sulla terrazza del 18° piano era particolarmente dolce. La catena del Rosa era luccicante come non ricordavo di averla mai vista. Il sole appena tiepido illuminava la grande sala riunioni allestita per l’occasione. Tutti i dipendenti erano stati chiamati a raccolta dalla Direzione del Personale con un laconico messaggio di posta elettronica inviato a notte inoltrata la sera prima. “Gentili Colleghi, la Direzione desidera invitarvi domani mattina ore 10.00 per comunicazioni sull’organizzazione”. Il messaggio l’avevo inviato io. In ascensore e nel breve tragitto che dal piano della direzione portava alla sala riunioni l’atmosfera era strana. Un misto di paura, tensione, sconforto. E una preoccupante allegria innaturale. Accompagnavo il mio capo. Il Direttore Centrale del Personale. Il corridoio stretto e lungo, quella mattina fu lunghissimo. La sala era allestita nella classica disposizione a teatro. Stranamente tutti erano in perfetto orario; quasi si percepisse che qualcosa stava per accadere. Da quel giorno veramente nulla è stato più come prima; qualcosa si è spezzato e non è stato più ricomposto. Un silenzio artificiale permeava la grande sala. Rotto solo dallo spostarsi nervoso delle sedie del Direttore del Personale e Finanziario, che si accingevano a prendere parola. Non era mai successo che prendessero parola insieme. “Colleghi dobbiamo dare informazione…….che… la società ha deciso…….ristrutturazione…sapete……i mercati…..outsourcing verso l’Europa dell’est e l’India per….. i servizi finanziari, l’informatica e le risorse umane”. Il silenzio è totale. Solo qualche rumore che viene dalla strada fa da sfondo. L’attenzione è massima. Qualche mano si muove nervosamente in cerca di un appiglio che non troverà. “Capiamo lo sconforto…anche noi…..non abbiamo dormito…..i risultati di business…..ecco…poi la casamadre vuole una organizzazione più veloce…..ne consegue…” Più che altro incredulità. Ci si guarda. …..troppe sedi….Milano…la sede storica…..chiude…mobilità..forse la cassa…..la società si trasferisce nella capitale. Niente altro. Qualche lacrima. Ma soprattutto incredulità. L’estate è strana La sequela di incontri con i dipendenti e le organizzazioni sindacali è stata lunghissima. E poi sono iniziate le dimissioni. In tutte le aree dell’organizzazione e a tutti i livelli. In tutta Europa. Il tournover era sempre stato a livello fisiologico di mercato; ora quel mercato lo stavamo inondando di risorse. Nel frattempo il clima nei corridoi era altalenante, sfiducia, sconforto, tristezza, speranza, ancora sfiducia. La sala caffè ora stracolma, ora desolata. La grande mensa prima chiassosa, ora pensierosa. I primi articoli apparsi sulla stampa venivano riprodotti ed affissi nelle bacheche poste su tutti i piani. Via via che il tempo trascorreva le occasioni di incontro ufficiale (uno degli “asset” sempre ritenuti fondamentali dalla cultura dell’azienda per il coinvolgimento) venivano posticipate e poi definitivamente annullate. Qualche speciale televisivo su ciò che stava accadendo veniva seguito con grande interesse. L’autunno Il più gelido che si ricordi. Continuavano le uscite, sempre più scrivanie vuote, al punto che alcune aree venivano chiuse. Il 14°piano completamente vuoto. Fu chiuso. Troppo insistente era la lunga teoria di persone che volevano vedere un piano completamente sgombro. Né scrivanie, né pareti divisorie. Un solo grande locale. Enorme. Con la luce che lo attraversava da parte a parte. Non era più stato così dagli anni 60. Quando il “building” come era affettuosamente chiamato era stato inaugurato. Iniziavano le prime trasferte romane. Sempre più frequenti. Sempre più persone. Inizio ad andare a Roma. Una, due, tre volte la settimana. E l’impegno di tutti immutato. Non un cedimento professionale, non un segnale di stanchezza. Nella loro fredda routine, le riunioni sindacali procedevano incessantemente secondo uno schema di riti e simboli precodificato. Ecco i primi fischi. Ecco apparire i primi striscioni, le prime ore di sciopero con i campanacci a richiamare l’attenzione. Ecco i tentativi di coinvolgere le Istituzioni, che forse a causa del freddo, a parte qualche scarno comunicato, non si lasciarono coinvolgere. Le serate in ufficio si fanno più lunghe. Ogni giorno gli incontri diventano più intensi. Le storie personali affiorano ad una ad una come fiori spazzati dal vento. Intrecci di racconti, di vite. Durante uno sciopero ero dietro ad una finestra a guardare dall’alto la piccola folla che manifestava. Quanti volti, quante storie. I più giovani li avevo assunti io. Ero accanto al direttore generale. Una bella donna, con una lunga esperienza all’estero. Ricordo che quel giorno era vestita di celeste. Ne rammento lo sguardo triste. Inverno e qualche mese in più E’ passato un anno dall’inizio. Ho perso molti colleghi. Effettivamente l’outsourcing si organizzò. Così come la cassa e la mobilità con tutte le loro fredde, ma in qualche modo rassicuranti, routine. Inizio ad essere sempre più presente nella capitale. Continuo a perdere colleghi, amici, compagni di squadra. Molti li accompagno alla porta io stesso. Anche dall’estero mi arrivano laconiche mail di saluto. Quello che sta facendo l’Italia lo stanno facendo tutti. Il Palazzo ha chiuso. I vetri azzurri ora sono solo grigi. Le tende sempre aperte ora sono tirate. La nuova sede ora è nella capitale. E’ stata una vera e propria “rifondazione”, non un semplice trasferimento. La società che ora esiste è completamente diversa e differente da quella che c’era prima. Coloro che hanno gestito la transizione ora sono tutti altrove (d’altronde vale sempre il vecchio detto: chi chiude, non può essere colui che riapre), ma i legami che sono nati sono tutt’ora intatti e producono proficue occasioni di incontro, amicizia, lavoro. L’avvocato generale, lascia. Si riavvicina alla sua famiglia. Il brand manager si iscrive ad un MBA in America e lascia. La sales manager ritorna in Trentino e segue l’imprenditoria familiare che aveva lasciato. Qualcuno accetta qualche esperienza internazionale. La decisone finale è rimandata al rientro. Il giovanissimo talento del finance, lascia. A nulla valgono i pacchetti di retention creati appositamente. Il mio assistente lascia. Il suo ultimo giorno è per entrambi di ricordi e di bilanci. Inizio a guardare nei miei cassetti. Sono stati anni bellissimi. Per tutti. Volti giovani e anziani. Maestri e discepoli. Una scuola di vero management. Il mio capo lascia. Me ne vado pure io. Se si potessero raccogliere i sogni notturni, e gli incubi, che le donne e gli uomini, i più giovani ed i più vecchi hanno fatto durante l’anno che è durato dall’annuncio alla chiusura definitiva, si potrebbe avere materiale per interi anni di studio di una facoltà di psicologia. Mi piace ripensare a quei momenti, e a tutto ciò che ho imparato con una domanda presa in prestito dal Piccolo Principe: "Ma allora che ci guadagni?". "Ci guadagno il colore del grano” Quel colore lo porto sempre con me.
Eugenio Pelitti

mercoledì 24 giugno 2009

E’ tempo di bilanci/strategie per Love My Job!

Carissimi lettori, scrivo a nome del team di Love My Job!: grazie per il vostro preziosissimo contributo. La nostra Community sta crescendo giorno dopo giorno e si iniziano ad intravedere le prime vere discussioni. Le statistiche sugli accessi parlano chiaro: giugno dovrebbe chiudersi con 1500 visite, non male! Il nostro team poi ce la sta mettendo davvero tutta per fornirvi dei contenuti interessanti e con frequenza.. Ma adesso viene il bello! Dobbiamo fare il salto di qualità. Cosa abbiamo in mente? Nel gergo delle agenzie di rating, diremmo che si tratta di una strategia AAA! . Ampliare il numero di visitatori: adesso potete trovarci su LinkedIn (http://www.linkedin.com/groups?gid=2050081&trk=hb_side_g) e su Facebook (http://www.facebook.com/home.php?ref=home#/group.php?gid=90818309175), con un gruppo Love My Job! dedicato . Attivare la Community: rendiamo sempre più vive le discussioni! Chi si iscrive ai gruppi riceverà gli aggiornamenti sui post e sui commenti, così da poter partecipare ancora più attivamente al dibattito . Arricchire i contenuti: siamo alla ricerca di nuovi autori per parlare di lavoro a 360 gradi e da differenti punti di vista; se qualcuno di voi è interessato, può inviarci la sua “candidatura”: attendiamo di leggere i vostri post! Detto questo, vogliamo stupirvi con un effetto speciale. Di seguito un messaggio di Eugenio Pelitti, che di professione fa l'HR Manager. Eugenio ci ha scritto spontaneamente, superando le sue resistenze (come ci ha candidamente confessato lui), per condividere con noi un’esperienza (di management o di vita?) davvero significativa. Quale? Tratteniamo per un attimo il fiato..Per ora, assaporate il messaggio di introduzione, così da avere qualche elemento in più sul suo profilo! Nel prossimo post il racconto vero e proprio: io l’ho letto e - ascoltatemi - vi consiglio di fare altrettanto. Ora si che cominciamo a divertirci sul serio!
Os
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Caro Love My Job!, è la prima volta che scrivo ad un blog (non che abbia mai scritto ad un giornale, contattato una redazione…), ma ti seguo sempre con interesse e curiosità. Beh, ho deciso di superare qualche mia resistenza, grazie anche all’affetto per la tua redazione, e….ecco che ti scrivo. Un mio vecchio capo sosteneva che qualche volta le proprie esperienze dovessero essere raccontate. Ho deciso di raccogliere quell’invito. Queste poche righe sono dedicate a tutte le donne e a tutti gli uomini con cui ho vissuto quest’esperienza di lavoro, ma in modo particolare di vita. Di che cosa mi occupo? Beh faccio il lavoro più bello del mondo: mi occupo di HR! E come dici sempre tu… Enjoy! Eugenio Pelitti

domenica 21 giugno 2009

Gestione dello STRESS: istruzioni per l'uso

Nel tempo in cui i giorni di puro relax si possono contare sulle dita di una mano, l'uomo del 2009 deve essere - per suo stesso spirito di sopravvivenza - multitask, ovvero capace di eseguire una serie di attività contemporaneamente ed in maniera efficace. Questo fa sì che la mente fatichi a trovare uno spazio di libertà incondizionata e non raggiunga praticamente mai uno stato di sospensione assoluta dalla routine quotidiana.

C'è chi non riesce a separarsi dal Blackberry nemmeno sotto l'ombrellone, c'è chi inventa un pretesto pur di rimanere in ufficio almeno fino alle 19.00. La competizione è praticamente ovunque, il sovraccarico da informazioni - GiuS lo ha già evidenziato (http://thelovemyjobblog.blogspot.com/2009/06/capire-e-farsi-capire-larte-della_11.html) - è diventata una costante della nostra società. La presenza di tali fattori fa quasi confondere ed invertire le relazioni causa-effetto, moltiplicando i disturbi derivanti da stress, vera e propria malattia dei giorni nostri.

Lo stress (http://it.wikipedia.org/wiki/Stress_(medicina)) è la fisiologica reazione del nostro organismo alle sollecitazioni esterne (stressor). L'incapacità trovare una soluzione di adattamento ad ognuna di esse può sfociare in autentici disturbi patologici. Ma allora, come si combatte lo stress? Vi proponiamo dei metodi piuttosto unconventional, per rifletterci un po' su.

Alcuni lo fanno perchè i giornali più stylish lo impongono come moda, altri invece coltivano delle vere e proprie passioni decennali: sta di fatto che i metodi di importazione orientale si stanno affermando sempre più nella società dello stress. Ci sarà una ragione: qualcuno ha mai visto degli arzilli signori cinesi di terza età praticare il tai chi alle 7 di mattina? Be, bisogna dirlo: uno spettacolo fantastico. I movimenti lenti e sinuosi sembrano in grado di buttare fuori dal corpo gli influssi malefici della pressione quotidiana, rigenerando lo spirito. Potrebbe essere una soluzione, a patto di un'applicazione metodica.

JOBtalk, il blog del Sole 24 Ore dedicato a temi di lavoro, racconta di come la radio nazionale giapponese trasmetta ogni mattina alle 6.30 un programma di 10 esercizi pensati per tenersi in forma (http://jobtalk.blog.ilsole24ore.com/jobtalk/2009/06/jobmanga-lavoro-a-fumetti-e-fumetti-sul-blog-una-nuova-rubrica-di-jobtalk.html#comments). Le aziende nipponiche poi, fanno il resto: ritrasmettono il messaggio durante la giornata, chiedendo ai propri dipendenti di eseguire gli esercizi; e loro si conformano ed eseguono, scaricando in questo modo la tensione e cementando i rapporti interpersonali. Di certo improponibile in Italia, questo metodo ci apre la mente in tema di diversità culturale e approccio alla vita.

Tornando al mondo occidentale, proponiamo infine una domanda apparsa su Yahoo Answers due anni fa: qualcuno conosce dei validi metodi anti-stress? Tra i suggerimenti più curiosi segnaliamo: mettersi in un angolo buio con la testa rivolta verso il muro o riempire un bicchiere d'acqua fino all'orlo e fare 5 passi, fermarsi, respirare e ripartire con i 5 passi. Funzioneranno?
In ogni caso, il messaggio è questo: trovate un sistema per scaricare la tensione, qualunque esso sia. Viaggiate, create, collezionate, socializzate, sperimentate, siate fantasiosi! E se il vostro figlioletto vi aspetta in asilo nido alle 18,00, non fatelo aspettare. Work-life balance...ma questo è un altro tema!
E voi? Avete dei metodi anti-stress? Siamo curiosi di sapere!
Enjoy it!
Os

mercoledì 17 giugno 2009

Un insuccesso da candidata.. Ovvero quando la posizione diventa un limite

Come promesso, oggi vi racconto un mio scivolone da candidata. Eccomi qui: sono al termine della mia prima esperienza come recruiter e sto cercando un altro lavoro, applicando non solo in ambito selezione, ma anche ad altre posizioni Risorse Umane, nell’ottica di imparare nuovi ruoli. Sono convocata a colloquio da un’agenzia di selezione, su commessa di una nota multinazionale. La posizione che mi viene descritta ha come attività core la selezione e comprende anche una parte di supporto alla formazione. Dopo un primo colloquio in agenzia, giunge il fatidico incontro in azienda. L’occasione è davvero appetibile; perciò arrivo con adrenalina a mille, vestito migliore, sorriso smagliante e… tutto l’incrociabile incrociato! Il colloquio inizia con un’analisi del mio profilo. Alle domande di approfondimento sul CV rispondo con entusiasmo, facendo esplicitamente leva sulla precedente esperienza di recruiter e puntando le carte sulla forte specializzazione in selezione che mi sono costruita durante questo periodo. Per il mio futuro professionale dico di essere interessata a continuare nella professione. Aggiungo anche di avere un’infarinatura di base sulla formazione del personale in seguito ad una precedente esperienza lavorativa. Insomma, presento il mio profilo nel modo più coerente possibile al ruolo. Giunti alla presentazione della posizione, iniziano però le note dolenti. Il selezionatore mi descrive di fatto un’altra posizione, di HR generalist, che prevede cioè l’inserimento in un ufficio Risorse Umane costituito da 5/6 persone che si occupano di tutte le attività HR, a 360°. Conclude affermando che il target della selezione comprende candidati che abbiano sì una breve esperienza HR alle spalle, ma soprattutto dotati di flessibilità, per spostarsi continuamente sui diversi ruoli. Nella mia mente di selezionatore faccio il match e mi accorgo che il profilo specialistico da me presentato non corrisponde a questo ruolo generalista. Da parte mia, so di poter essere adatta alla posizione, perché ho competenze di base su tutte le tematiche HR e la flessibilità non mi manca; ma durante il colloquio ho del tutto trascurato questa parte, puntando solo su quanto ho costruito e sto costruendo in selezione, come se non volessi (né potessi) fare altro. Questo per l’ansia di piacere e di proiettare a tutti i costi la migliore immagine di me nella posizione che avevo in testa. …Inutile dire come è finita. Morale della favola: al colloquio cercate sempre di presentare il quadro completo del vostro profilo. Certo, la priorità è far capire che siete adatti per la posizione in gioco, ma se avete altre esperienze/competenze/capacità al di fuori di quel ruolo, non limitatevi: fatele emergere! Perché? 1- I contenuti delle posizioni cambiano: a volte per questioni di tempo si contattano candidati prima che le job description siano del tutto definite oppure la persona che convoca a colloquio non ha tutte le informazioni. 2- Si possono sempre aprire nuove posizioni: se non siete scelti per QUESTO ruolo, può darsi che altre competenze (qui solo accessorie) vi rendano idonei per una vacancy che si aprirà tra un mese. 3- Presentando altre competenze, dimostrate in ogni caso di avere un certo grado di flessibilità. Come recruiter, da allora, alla fine del colloquio mi piace aggiungere la domanda: “C’è qualcosa di Lei che non è emerso dal colloquio e di cui vorrebbe parlarci?”. …Cari candidati, fate emergere TUTTE le vostre competenze durante il colloquio e, se alla fine vi viene fatta questa domanda, sfruttatela bene! Alice

lunedì 15 giugno 2009

Stesso servizio, formula diversa: GliAffidabili.it Vs Manpower Card

Noi di Love My Job! amiamo parlare di lavoro nelle sue forme più disparate: dal profilo ipotetico del professional blogger (http://thelovemyjobblog.blogspot.com/2009/05/professional-blogger-realta-o-leggenda.html) a quello innovativo dell'e-coach, passando per il guardiano dell’isola corallina da 15.000 dollari al mese (http://thelovemyjobblog.blogspot.com/2009/06/il-lavoro-dei-sogni.html). Oggi prendiamo in considerazione gli appartenenti ad una macro-categoria che probabilmente rappresenta molto di più le dinamiche sociali e lavorative dei nostri giorni: coloro che offrono servizi. Forse un po’ vago, eh? Vi spieghiamo subito: si tratta di colf, babysitter, giardinieri, dogsitter, cuochi, elettricisti, avvocati, animatori, piastrellisti, grafici, personal trainer e chi più ne ha più ne metta..
Lavorano a ore, spesso a nero. Utilizzano i canali più disparati per mettersi in vetrina: siti internet specializzati, agenzie interinali, network, annunci su quotidiani e riviste. A discapito di quello che si sente dire in giro, molti di essi sono italiani: i connazionali che hanno “scelto” di lavorare in questo campo sono in costante aumento, a causa della terribile diminuzione dei posti di lavoro dovuta alla famigerata crisi. Operano in un mercato poco regolamentato, che risponde a logiche non sempre trasparenti. Ecco perché oggi vogliamo incoraggiare l’utilizzo di due canali alternativi, limpidi ed efficienti.
Il primo, è un canale interamente online. Si tratta di una start-up che fa surf sull’onda lunga e onnipresente del Web 2.0. GliAffidabili.it (http://www.gliaffidabili.it/) “è la prima community online italiana di servizi gratuiti P2P”. Coloro che offrono la propria professionalità ricevono un feedback dagli utenti; in questo modo, la babysitter puntuale, metodica ed amata dai bambini riceverà 5 stelle dalle mamme che hanno provato i suoi servizi. Il meccanismo della reputazione farà il resto: maggiori feedback positivi, maggiori possibilità di trovare lavoro. E di conseguenza, maggiore probabilità di avere un servizio di qualità per l’utente.
Il secondo canale è rappresentato da una semplice carta magnetica: “Ora” è una prepagata lanciata da Manpower (http://www.manpower.it/), azienda leader nella fornitura di servizi per l’impiego. Il meccanismo è semplice: Manpower ha assunto e formato 200 lavoratori in grado di garantire una serie di servizi (colf, babysitter, idraulici etc..). I clienti interessati acquistano una carta prepagata (costo fisso:15 euro/ora) e scelgono il servizio di cui hanno bisogno. Manpower agirà di conseguenza: invierà uno dei propri dipendenti a prestare il servizio richiesto. In questo modo il servizio è regolamentato al 100%.
Meritocrazia e fine del lavoro in nero: davvero due ottimi argomenti! La credibilità degli utenti (spesso i fornitori di prodotti/servizi P2P si accordano per incrementare i loro feedback positivi) ed il fatto che la scelta della persona che offre il servizio richiesto caschi esclusivamente dall’alto sono – rispettivamente – due punti su cui riflettere per GliAffidabili.it e Manpower.
Per adesso non c’è che dire: due ottime idee.
Alla prossima! Enjoy it!
Os

sabato 13 giugno 2009

La presenza sul Web può influenzare la ricerca di lavoro?

E' la domanda che circola sempre più spesso tra gli head hunters più visionari ed i job hunters più spregiudicati: la presenza di una persona sul Web può davvero impattare - positivamente o negativamente che sia - sulla ricerca di lavoro? Prima di farci un'idea, vogliamo proporvi due contributi apparsi su uno dei blog più interessanti del Wall Street Journal: Laid off and Looking (http://blogs.wsj.com/laidoff/).
Geoff Hibner, MBA ad Harvard, ha perso la poltrona di CFO nel 2007. Qualche giorno fa (http://blogs.wsj.com/laidoff/2009/06/09/how-an-online-presence-can-impact-the-job-search/) ha scritto di come la sua attività di blogger abbia avuto un impatto del tutto inaspettato sulla ricerca di lavoro. E' stato infatti contattato da due head hunter di prestigio che si sono detti interessati a quello che lui scriveva e volevano approfondire la sua conoscenza. Non è un'offerta di lavoro, ma due contatti di questo tipo non sono mica male per un job hunter di lungo corso. Dan Schawbel, uno dei santoni del Web 2.0, sostiene che la presenza di un individuo online debba essere costruita secondo le logiche di una vera e propria strategia di branding (http://blogs.wsj.com/laidoff/2009/06/11/advice-controlling-your-online-image-while-looking-for-work/. Il segreto è uno solo: mostrare tutti gli aspetti di se stessi, ma rimanendo coerenti. Esempi: curate un blog con passione e competenza, mantenete un profilo sempre aggiornato su LinkedIn, postate un nuovo CV su Monster. Ma attenzione a non commettere erroracci: se siete job hunter, non rendete pubbliche nei social network le foto che vi ritraggono in situazioni non convenienti!
Pensate che una ragazza è stata licenziata per aver scritto su Facebook "il mio lavoro è noioso" (http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/09_febbraio_27/licenziata_per_frase_facebook_bd3d8cd2-04c6-11de-bb75-00144f02aabc.shtml scienze_e_tecnologie/09_febbraio_27licenziata_per_frase_fa cebook_bd3d8cd2-04c6-11de-bb75-00144f02aabc.shtml). Credete sia esagerato? No! Rispecchia semplicemente quanto la rete sia diventata potente ai giorni nostri; ma anche quanto facilmente possa sfuggire al nostro controllo. Per questo, siate coerenti con la vostra immagine e non dimenticate di monitorare di tanto in tanto cosa dice la rete di voi.
Adesso ripensate a cosa ci eravamo chiesti all'inizio. Noi ci sentiamo di rispondere così: la presenza online impatta in maniera prepotente non solo sulla ricerca di lavoro, ma sul brand che ci sta di gran lunga più a cuore: noi stessi.
Enjoy! Os

giovedì 11 giugno 2009

Il duro mestiere del selezionatore

Intro … Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi... E’ questa per me la cosa più bella del lavoro del recruiter. Tutti i giorni posso pensare “Eh, ora sì che ne so di cose… Ora sì che ho esperienza”. Ma la verità è che tutti i giorni ne vedo di nuove, nel bene e nel male. E tutti i giorni imparo. Durante la mia esperienza di selezionatore, ho potuto conoscere diverse aziende, con diversi processi di selezione, diverse metodologie di colloquio, ma soprattutto tante tante persone diverse, ognuna delle quali posso dire mi abbia fatto capire qualcosa di importante. Mi piacerebbe quindi condividere qui con voi quello che ho imparato e far conoscere qualcosa del “mestiere del selezionatore”. Perché, quando alla domanda “Che lavoro fai?” rispondo “Risorse Umane, Selezione”, tende a comparire sulle facce quella classica espressione di circospezione… –“Oddio-questa-me-la-trovo-qualche-volta-a-colloquio-devo-stare-attento-si-sta-già-facendo-un’idea-su-di-me”. Non ci credete? Realmente successo. Posso assicurarvelo. Vorrei quindi eliminare un po’ di patina di mistero da quello che succede in fase di selezione e in particolare durante il sempre temuto colloquio. Tuttavia ci vogliono ben altri esperti di selezione per scrivere della teoria. Quella la trovate (scritta meglio di quanto posso fare io) in qualsiasi libro che vi parli di come vestirsi per un colloquio, come stringere la mano, come rispondere alle “domande tormentone”. Quello che vorrei fare con voi è partire da specifiche situazioni di colloquio e rifletterci su, sperando di dare qualche consiglio utile sia al candidato sia al selezionatore, mettendosi nei panni del candidato… Perché alla fine, prima di essere selezionatori, si è anche, sempre, inevitabilmente, selezionati! Ho deciso di cominciare nei prossimi giorni con un racconto personale: una mia clamorosa sconfitta dopo un errore davvero idiota ed evitabilissimo… Poi proseguirò nei prossimi post con scene di libri e film, altrimenti la mia autostima potrebbe risentirne parecchio! Hope this helps e… aspetto i vostri commenti! Alice

lunedì 8 giugno 2009

Alice e GiuS ai raggi X

Chi sono i nostri nuovi autori?
Prima del week-end vi avevo promesso una loro presentazione (http://thelovemyjobblog.blogspot.com/2009/06/love-my-job-allarga-il-team.html), ecco a voi i dettagli. Entrambi giovanissimi, non solo dedicano anima e raziocinio alle Risorse Umane, ma hanno anche scelto di condividere con voi i temi che più suscitano il loro interesse.
Alice ha conseguito una laurea in Relazioni Pubbliche e Pubblicità allo IULM (a sua detta, con specializzazione in Scienze dell'Aperitivo...Ma voi ci credete?). Successivamente ha imboccato la strada HR ottenendo un Master in Risorse Umane e Organizzazione presso l'Università Cattolica. Ha già avuto modo di approfondire il Recruiting e la Comunicazione interna negli HR Department di due grandi Multinazionali tra Firenze e Milano, ma il suo sogno resta quello di fare "una lunga esperienza HR all'estero". Ama i viaggi e lo yoga (scriverà anche di questo?). Ci parlerà prevalentemente di Recruiting, HR e Comunicazione; in più si diletterà a darci preziosi consigli sull'oscuro mondo della selezione.
GiuS è rimasto fedele all'Università Bocconi per 5 anni (laurea triennale in Economia Aziendale, poi specialistica in Risorse Umane ed Organizzazione); due scappatelle però se le è concesse anche lui: ha portato il suo immancabile sorriso per qualche mese negli States ed in Cina. Università ed esperienze lavorative in aziende Multinazionali gli hanno permesso di accumulare una solida expertise in ambito HR, Organizzazione, e temi manageriali quali la negoziazione e la comunicazione. Anche lui adora viaggiare ed è appassionato di tecnologia. Vorrebbe "cominciare una carriera in consulenza focalizzata su temi HR soft (cultura, change management)". Scriverà di tutto ciò, ma anche di Cina, nazione che gli è rimasta nel cuore dopo un'esperienza di vita a Shanghai.
E visto che siamo in tema di presentazioni, colgo l'occasione per darvi qualche dato in più sul mio conto. Stesso percorso accademico e stessa Università di Giuseppe, con simili scappatelle: l'anno passato tra Austin, Texas e Shanghai mi ha permesso di vedere la vita da un'angolatura notevolmente più ampia. Amo scrivere, con poche limitazioni a riguardo. Ho la tendenza ad andare a ruota libera (dovrete sopportarmi anche voi), quindi ci penseranno Alice e GiuS a tenermi a bada. Se mi cercate, potete incontrarmi "nei peggiori Dipartmenti HR di Milano" a disegnare qualche incomprensibile organigramma.
Adesso sapete chi c'è dall'altra parte del blog! Lavoriamo per darvi informazione, vi forniamo spunti di discussione e soprattutto - come recita il nostro slogan - siamo qui per farvi divertire.
Enjoy Love My Job!

sabato 6 giugno 2009

Love My Job! allarga il team

Alice e GiuS entrano a far parte del team di Love My Job!. Due giovanissimi professionisti HR, ma soprattutto due menti davvero vivaci. Mi preme sottolineare che la scelta di avere un team di autori risponde ad un'unica esigenza: garantire contenuti di altissima qualità, mantenendo gli standard di frequenza di pubblicazione. Vogliamo guardare le cose che più ci interessano da punti di vista differenti: tutto ciò non può che energizzare i contenuti, arricchendoli e rinnovandoli continuamente. Inoltre, vogliamo farlo spesso: chi visita il nostro blog non avrà mai l'impressione che abbiamo smesso di aggiornarlo.
Un ultima nota. L'ho sempre detto e continuerò a ripeterlo: curare il network è fondamentale. Pensate che ho conosciuto Alice durante un processo di selezione a Roma (ahimè, non troppo memorabile per entrambi!) per una grande multinazionale. Da quel momento abbiamo sempre mantenuto i contatti ed ora, eccoci qui. Scriviamo per lo stesso blog ed in un certo qual modo possiamo considerarci colleghi: esattamente quello che non siamo riusciti a fare qualche mese fa nella capitale. Miracoli della "rete" personale. Presenterò i due nuovi autori nei prossimi post, con dovizia di particolari. Per adesso, non posso che dar loro il benvenuto ed augurare invece a voi una buona lettura! Enjoy our blog! Os

mercoledì 3 giugno 2009

Il lavoro dei sogni

Chi di noi non ha mai fantasticato di trovare il lavoro dei sogni? Quello che ci cambia radicalmente la vita e ci permette di esprimere il massimo delle nostre potenzialità; il lavoro per cui saremmo anche disposti a tagliare i legami che ci tengono stretti al presente e ricominciare tutto da zero. Bene, probabilmente una fantasia del genere l’abbiamo avuta un po’ tutti, specie in quei momenti in cui la voglia di evadere dalla routine quotidiana schizza alle stelle.
Quanti non hanno sognato ad occhi aperti di essere scelti al posto di Ben Southall (http://afritrexben.blogspot.com/), il candidato vincitore del Best Job In The World? Ben si occuperà per sei mesi (ahimè, un altro precario!) di curare e custodire le Islands of the Great Barrier Reef, ovvero un paradiso australiano fatto di acque azzurrine, distese di spiaggia bianca e coloratissime specie animali e vegetali. Il tutto per la modica cifra di 75.000 euro, non male per un island careholder precario!
Os invece mollerebbe tutto per andare in giro per il mondo con un grosso zaino in spalla ed un netbook di ultimissima generazione a scrivere guide turistiche nuove di zecca per Lonely Planet (http://www.lonelyplanet.com/). Proverebbe scomodi ostelli e ristoranti malfamati, pur di semplificare la vita dei turisti futuri. Scriverebbe con passione di terre e culture, scatterebbe quelle famose foto ai tramonti che ci fanno innamorare di un posto prima ancora di averlo visitato.
E voi? Avete qualche idea bizzarra a proposito? Come immaginate il vostro lavoro dei sogni?
Per prendere spunti assolutamente stravaganti ma allo stesso tempo estremamente concreti, vi suggeriamo di dare un’occhiata a questo blog: Inventa Lavoro (http://inventalavoro.style.it/). Approfondirete i vantaggi di aprire uno smoothies bar o i possibili guadagni associati ad una carriera da e-coach. Chi scrive vi invoglierà persino a fondare un’Accademia d’Arte per bambini.
Infine, per essere di gran lunga più pragmatici, Love My Job! consiglia di consultare la classifica ufficiale dei Great Place To Work (http://www.greatplacetowork.it/). Si tratta di una lista annuale dei migliori ambienti di lavoro, sulla base di parametri quali la credibilità, il rispetto, l’equità, l’orgoglio ed il cameratismo. Al primo posto nel 2009 c’è Fater SpA, azienda che può annoverare, tra i brand più noti, LINES, Pampers, TAMPAX e Tempo. Non sarà di certo come ammirare le specie protette della barriera corallina ma… probabilmente si tratta di un ottimo inizio.
Enjoy it!

lunedì 1 giugno 2009

Semplici regole per fare business in Cina

L'hanno chiamata "fabbrica del mondo", visto che praticamente ogni oggetto riporta in un qualche punto della propria superficie la scritta made in china. Maria Weber, una delle massime esperte in materia, parlava di "dragone" per metterla a confronto con l'aquila statunitense. Oggi viene indicata con un acronimo sobrio e molto meno accattivante: PRC, "People's Republic of China". Stiamo parlando, ovviamente, di Cina.
A partire da oggi, Love My Job! punta il focus ad Oriente attraverso una serie di post che approfondiranno temi di business legati alla società cinese. Condivideremo e spiegheremo semplici regole di comportamento potendo contare su un'esperienza diretta in Cina e sulla lettura approfondita di specifici blog/siti focalizzati sull'argomento. Lo scopo è fornire consigli utili a chi intenda fare business in Cina o semplicemente sopravviverci. Per adesso, vi diamo appuntamento al primo post dedicato all'argomento. Siete invitati a scriverci e proporre temi d'interesse, così da rendere la discussione davvero utile e ricca. Enjoy it!