Ebbene sì. Come primo commento a una scena di colloquio, ho scelto la serie animata poco politically correct “I Griffin - Family Guy”: vedrete che questa scena costituisce uno spunto davvero interessante! Infatti, dopo esserci fatti quattro risate alla risposta di Peter Griffin, possiamo considerare seriamente la domanda posta dal selezionatore: “Where do you see yourself in five years?”.
Quante volte ho sentito persone lamentarsi perché a tutti i colloqui devono rispondere a questa domanda… Penso che nello sketch sia ripresa proprio come stereotipo del classico colloquio, quasi a voler scimmiottare i selezionatori, accusati spesso di poca fantasia. In realtà – vi posso assicurare – è una domanda di fondamentale importanza.
Vi illustro in breve cosa permette di indagare.Il quesito approfondisce l’analisi di quella che può essere definita "l'area realizzativa” del candidato, che comprende le capacità di raggiungimento degli obiettivi, di organizzazione e di orientamento professionale.
In particolare, si cerca di far emergere quanto segue.
1- La chiarezza degli obiettivi. Saper rispondere in modo preciso alla domanda dimostra il grado di maturità del candidato: avere obiettivi chiari è sintomo di auto-consapevolezza e determinazione.
2- Le capacità organizzative. L’essere in grado cioè di creare e intraprendere un percorso coerente, che porterà al raggiungimento delle proprie aspettative. Questo – capite bene – impatta anche sulle capacità cognitive della persona; in particolare, sull’abilità di tracciare nessi logici e agire secondo una visione d’assieme.
3- L’energia e l’intraprendenza. Dalla visione del proprio futuro professionale a cinque anni di distanza si può dedurre il grado di iniziativa che la persona impiega in ambito lavorativo.
4- Il modo di porsi rispetto al futuro. Com’è la visione del proprio futuro? Logica e razionale, ancorata alla realtà? Oppure di fantasia? Ottimistica o scettica? Consiglio: evitare comunque atteggiamenti troppo disfattisti: nessuno vorrebbe inserire una persona che si arrende già in partenza!
Date le caratteristiche del candidato, si valuta quindi se quanto emerso risulta coerente con gli sviluppi che la posizione può offrire. Ancora una volta, quindi, non esiste una risposta giusta e una sbagliata: dipende dalla posizione. Esistono ruoli adatti a chi vuole crescere verticalmente, altri per chi vuole cambiare mansioni orizzontalmente, altri per chi vuole specializzarsi diventando un esperto in una disciplina, altri ancora per chi vuole semplicemente una stabilità lavorativa, ecc.
Come mai si dice “cinque anni”? Come mai a volte sono “tre”? Beh, il fatto che siano sempre cifre dispari non me lo spiego neanch’io… Tendenze ossessivo-compulsive da sindrome del selezionatore, forse ;-) Scherzi a parte, in realtà si vuole solo dare un orizzonte temporale ben definito, favorendo così un’analisi delle capacità organizzative della persona. C’è differenza infatti tra quello che si può fare in tre anni o in cinque. E una persona con buone capacità cognitive dovrebbe essere in grado di capirlo, rispondendo quindi in modo coerente. A volte, infatti, si combinano addirittura i due orizzonti temporali: es. “Dove si vede tra tre anni?” – segue la risposta del candidato – segue ancora la domanda “E tra cinque?”.
In conclusione, data l’importanza del quesito, consiglio sempre, prima di un colloquio, di ragionare sulla risposta che volete dare: a parte non farvi cogliere impreparati, vi aiuterà anche a far ordine nelle vostre aspettative, a riflettere su cosa volete davvero diventare, a capire se vi siete candidati a un ruolo che vi piacerebbe davvero svolgere. Vi invito a pensarci per ogni colloquio perché è possibile che le vostre aspettative cambino, anche dopo poco tempo, in base alle esperienze che state vivendo.
Ah, dopo tutto questo, una raccomandazione agli appassionati de “I Griffin”: non è il caso di rispondere “Tra cinque anni avrò conquistato il mondo” alla Stewie…
Alice
La risposta tipica a questa domanda solitamente è "(sguardo nel vuoto) mah... vorrei un lavoro che mi soddisfi..."
RispondiEliminama che vuol dire??? perchè c'è qualcuno che cerca di arrivare ad un lavoro che gli faccia completamente schifo???
Interessante.....
RispondiEliminaAlice ma se lo chiedessi a te, dove ti vedi tra 5 anni?
Risp al commento n.1: la chiave per risolvere la situazione di stallo che si crea dopo una risposta del genere è ovviamente un'altra domanda, del tipo: "Mi dica allora, cos'è che Le dà più soddisfazione nel lavoro"? Spesso è solo questione di riformulare la domanda (o farne qualcuna in più) e dare così modo al candidato di esprimere quello che ha in mente!
RispondiEliminaRisp commento n.2: ehi, qui si va sul personale :-) Tra 5 anni avrò approfondito quegli ambiti HR che finora ho trattato solo sommariamente e avrò così sviluppato un profilo completo di HR Professional. Sarò quindi responsabile di un team nell'Ufficio Risorse Umane di un'azienda, possibilmente multinazionale. ... Incrocio le dita!
Alice ha proprio ragione quando dice: "Vi aiuterà anche a far ordine nelle vostre aspettative, a riflettere su cosa volete davvero diventare"!
RispondiEliminaMi piacerebbe condividere con voi una metafora tratta da "Le 7 regole del successo" di S. Covey (un libro che adoro):
Immaginiamo di trovarci nel bel mezzo della giungla con un gruppetto di altre persone, Non sappiamo dove siamo finiti, la vegetazione è fitta e il nostro obiettivo è uscire dalla giungla prima che faccia buio.
Ad un certo punto una persona nel gruppo prende le redini del comando. E' una persona pratica e molto organizzata, sa come farsi strada nella vegetazione e si mette in prima fila per guidare il gruppo verso la meta...
Mentre tutti si incamminano per il sentiero tracciato dall'uomo intraprendente, una persona del gruppo decide di arrampicarsi sull'albero più alto della zona. Una volta in cima, l'uomo osserva l'intera zona dall'alto: vede i confini della foresta e scorge anche delle case in lontananza; un villaggio a pochi chilometri di distanza. L'uomo, però, si accorge anche di un'altra cosa: il gruppo, preso dalla foga del "fare", si sta dirigendo esattamente dalla parte opposta al villaggio; verso il cuore della giungla.
Significato della metafora: c'è una grossa differenza tra essere "manager" e essere "leader". Il manager è capace di organizzarsi, di raggiungere obiettivi concreti e di guidare gli altri... ma il leader è colui che è capace di vedere oltre...di capire il quadro generale, il contesto e di "visualizzare" lo scopo (dove si vuole arrivare) e poi, dopo, scegliere la direzione di marcia.
Che andiate a fare un colloquio o meno, ogni tanto arrampicatevi un pò sull'albero più alto della vostra giungla prima di decidere la direzione!
Come diceva qualcuno "leader é colui che guarda dove guardano tutti ma vede ció che gli altri non riescono a vedere".
RispondiEliminaRagazzi davvero interessante la discussione e davvero interessante capire cosa passa nella testa di chi sta dall'altra parte della scrivania. Grazie per condividerlo con noi.
RispondiEliminaSecondo me un elemento che non è stato sottolineato abbastanza ma che può darvi una grande mano se decideste di entrare in una realtà multinazionale è sicuramente vedersi all'estero tra 5 anni. Di recente ho parlato con il country manager do Johnson Italia il quale mi ha detto che sulla carta tutti sono disponibili ad andare all'estero ma alla fine in pochi lo fanno anche se gli viene offerto. Infatti secondo lui la disponibilità a muoversì è un qualcosa di puntuale nel tempo...infatti in quel momento tu sei disponibile ad andare all'estero...ma non si sa che succederà tra 5 anni. In ogni caso per concludere dire che tra 5 anni vi vedete all'estero e lo supportate con esperienze internazionali pregresse (summer school, echange, erasmus, international internships...) sicuramente sarà un'ottima leva su cui far affidamento per essere assunti