mercoledì 17 giugno 2009

Un insuccesso da candidata.. Ovvero quando la posizione diventa un limite

Come promesso, oggi vi racconto un mio scivolone da candidata. Eccomi qui: sono al termine della mia prima esperienza come recruiter e sto cercando un altro lavoro, applicando non solo in ambito selezione, ma anche ad altre posizioni Risorse Umane, nell’ottica di imparare nuovi ruoli. Sono convocata a colloquio da un’agenzia di selezione, su commessa di una nota multinazionale. La posizione che mi viene descritta ha come attività core la selezione e comprende anche una parte di supporto alla formazione. Dopo un primo colloquio in agenzia, giunge il fatidico incontro in azienda. L’occasione è davvero appetibile; perciò arrivo con adrenalina a mille, vestito migliore, sorriso smagliante e… tutto l’incrociabile incrociato! Il colloquio inizia con un’analisi del mio profilo. Alle domande di approfondimento sul CV rispondo con entusiasmo, facendo esplicitamente leva sulla precedente esperienza di recruiter e puntando le carte sulla forte specializzazione in selezione che mi sono costruita durante questo periodo. Per il mio futuro professionale dico di essere interessata a continuare nella professione. Aggiungo anche di avere un’infarinatura di base sulla formazione del personale in seguito ad una precedente esperienza lavorativa. Insomma, presento il mio profilo nel modo più coerente possibile al ruolo. Giunti alla presentazione della posizione, iniziano però le note dolenti. Il selezionatore mi descrive di fatto un’altra posizione, di HR generalist, che prevede cioè l’inserimento in un ufficio Risorse Umane costituito da 5/6 persone che si occupano di tutte le attività HR, a 360°. Conclude affermando che il target della selezione comprende candidati che abbiano sì una breve esperienza HR alle spalle, ma soprattutto dotati di flessibilità, per spostarsi continuamente sui diversi ruoli. Nella mia mente di selezionatore faccio il match e mi accorgo che il profilo specialistico da me presentato non corrisponde a questo ruolo generalista. Da parte mia, so di poter essere adatta alla posizione, perché ho competenze di base su tutte le tematiche HR e la flessibilità non mi manca; ma durante il colloquio ho del tutto trascurato questa parte, puntando solo su quanto ho costruito e sto costruendo in selezione, come se non volessi (né potessi) fare altro. Questo per l’ansia di piacere e di proiettare a tutti i costi la migliore immagine di me nella posizione che avevo in testa. …Inutile dire come è finita. Morale della favola: al colloquio cercate sempre di presentare il quadro completo del vostro profilo. Certo, la priorità è far capire che siete adatti per la posizione in gioco, ma se avete altre esperienze/competenze/capacità al di fuori di quel ruolo, non limitatevi: fatele emergere! Perché? 1- I contenuti delle posizioni cambiano: a volte per questioni di tempo si contattano candidati prima che le job description siano del tutto definite oppure la persona che convoca a colloquio non ha tutte le informazioni. 2- Si possono sempre aprire nuove posizioni: se non siete scelti per QUESTO ruolo, può darsi che altre competenze (qui solo accessorie) vi rendano idonei per una vacancy che si aprirà tra un mese. 3- Presentando altre competenze, dimostrate in ogni caso di avere un certo grado di flessibilità. Come recruiter, da allora, alla fine del colloquio mi piace aggiungere la domanda: “C’è qualcosa di Lei che non è emerso dal colloquio e di cui vorrebbe parlarci?”. …Cari candidati, fate emergere TUTTE le vostre competenze durante il colloquio e, se alla fine vi viene fatta questa domanda, sfruttatela bene! Alice

4 commenti:

  1. "C'è qualcosa di lei che non è emerso e di cui vorrebbe parlarci?"......
    E' la classica domanda a trabocchetto dei recruiter. Alice, sei sicura di non mettere in difficoltà i candidati facendo così?

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  2. In effetti è una domanda che spiazza...
    Ma la risposta intelligente fa schizzare la performance del candidato!

    Non ci resta che leggere cosa ne pensa Alice!

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  3. Bella osservazione!... personalmente penso che il modo migliore di affrontare il colloquio sia con calma interiore e trasparenza.
    Ricordiamoci che l'obiettivo del recruiter è uno solo: capire se il candidato ha un "fit" perfetto con la posizione in questione.
    Le domande difficili servono proprio a testare la sicurezza di se e la capacità di gestire determinate emozioni.. anche se sono il primo a dire che è molto difficile :-)

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  4. Grazie del commento: a volte essere anche "dietro la scrivania" fa dimenticare le impressioni che si possono suscitare dall'altra parte ;-)
    Come recruiter comunque posso dire che nessuna domanda è mai "a trabocchetto". L'obiettivo del selezionatore è trovare persone adatte alle posizioni aperte. Ricordatevi che noi siamo valutati sulla capacità di chiudere le posizioni: di certo quindi non è nel nostro interesse mettere in difficoltà il candidato, anzi!
    Appurato questo, penso che la domanda in questione sia un'opportunità di dire qualcosa in più. Anche a me a volte, come candidata, l'hanno fatta e ho aggiunto particolari di cui non si era parlato: ad es. la mia disponibilità a trasferimenti, certificati di lingua, attività di volontariato, ecc. Una volta poi, dopo un colloquio tostissimo di 3 ore, veramente non c'era più nulla da aggiungere (il selezionatore mi conosceva ormai meglio di mia madre, penso), quindi ho risposto "No, grazie, penso di averle detto tutto quello che ci tenevo a far emergere". Idem hanno fatto con me alcuni candidati. Molto tranquillamente.
    D'accordissimo con GiuS per quanto sopra.
    Hope this helps :-)

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