venerdì 2 ottobre 2009

A colloquio con Owen Wilson… Fino a che punto è bene essere sinceri al colloquio?

Dopo il tormentone dell’ultimo video che abbiamo visto insieme nel post precedente – “LA SINCERITA’” – e dopo avervi ripetuto più volte di essere trasparenti durante i colloqui di selezione, vorrei sollevare ora un quesito importante: fino a che punto è bene essere sinceri al colloquio?

http://www.youtube.com/watch?v=SsyEHDxmopo

In questa scena, tratta dal film Io, tu e Dupree, Owen Wilson/Dupree si lancia entusiasta verso il suo colloquio: è vestito al meglio, ha la giusta motivazione e l’intenzione di mostrarsi al meglio. All’incontro, Dupree si presenta per quello che è: una persona allegra, socievole, che ama divertirsi e sfruttare le ferie. E’ stato completamente trasparente col selezionatore: eppure riesce a combinare un disastro completo, facendo sorridere il suo pubblico.

Tralasciando ancora una volta le esagerazioni della pellicola cinematografica e analizzando la scena con occhio critico, vorrei farvi notare che le caratteristiche da lui presentate non sono affatto negative, ma anzi abbastanza comuni tra le persone e talvolta addirittura palesemente richieste dalle aziende – pensiamo per esempio a quando si parla di teamwork. E’ la disastrosa e comica modalità che Dupree utilizza per esternarle, a causare il completo fallimento della situazione. Quello che voglio dire è che se da una parte è corretto mostrare le proprie caratteristiche, dall’altra occorre anche farlo nel modo più coerente al contesto in cui si agisce.

Prendete ad esempio la caratteristica della socievolezza. Va bene essere socievoli, ma a cosa serve essere dei “compagnoni” – come si definisce il candidato – in un’azienda? Forse potrebbe andare bene come presentazione per la posizione di animatore turistico… Pensiamo però all’ambiente aziendale e chiediamoci a cosa può servire la socievolezza: magari a sedare conflitti nel mondo del lavoro, a creare l’atmosfera più favorevole alla produttività, a supportare un buon lavoro di gruppo. Quindi se caliamo l’essere socievoli e compagnoni nella realtà lavorativa con esempi concreti, sarà più facile per l’interlocutore comprendere la valenza positiva di tale caratteristica.


Considerate poi quando Dupree presenta la sua filosofia del “non vivo per lavorare, lavoro per vivere”. Anche questo modo di pensare non è necessariamente considerato negativo dalle aziende: molte organizzazioni ormai fanno della work-life balance un “cavallo di battaglia” delle loro politiche di risorse umane. Sostenere questo modo di pensare, facendo riferimento ad un certo tipo di carriera e ad altri interessi che la persona coltiva al di fuori del lavoro, potrebbe essere considerato indice di intraprendenza, creatività, ecc. Certo che se come Dupree lo si abbina a “non sono uno stakanovista”, “se cercate un cavallo da tiro, non sono forse l’uomo che fa per voi” e “festeggiate il Columbus Day?”, ecco che fa tutta un’altra impressione: l’impressione di una persona che non ha voglia di lavorare. E, se voi foste un’azienda, assumereste un impiegato che non ha voglia di lavorare?

Le domande sulle festività – nel film palesemente demenziali – in realtà mi hanno fatto ricordare di alcuni candidati che al colloquio hanno chiesto esplicitamente informazioni sull’orario di lavoro e le possibilità di dover fare straordinari. A meno che non si tratti di definire un part-time o non abbiate problemi particolari d’orario, non fate mai questo tipo di domanda al colloquio. Come nel caso dei quesiti del nostro protagonista sui giorni di ferie, fanno trasparire la mancanza di motivazione al lavoro. 

Chi vorrebbe assumere una persona che conta le ore e i minuti prima di uscire e non è disponibile a fare straordinari, se necessario? Se siete interessati a lavorare in un ambiente che permetta una buona work-life balance, come ho già detto, il mio consiglio è fare esplicitamente riferimento a questa politica. Va da sé che, se l’azienda prevede ritmi e orari aziendali piuttosto impegnativi, il selezionatore ve lo farà presente al colloquio per sondare la vostra disponibilità. E’ del tutto gratuito, secondo me, chiedere quante ore di lavoro sono previste ogni settimana: in Italia i contratti collettivi nazionali prevedono più o meno le stesse ore per tutti (che oscillano tra le 37 e 40 ore settimanali); chiedendo informazioni su questo si mostra solo insofferenza verso il lavoro in sé. Eventuali approfondimenti rimanda teli a una fase successiva della selezione.

Per riassumere, la trasparenza è di certo importante per instaurare una relazione proficua con il selezionatore e con l’azienda, ma ricordatevi sempre che tra gli obiettivi che ci si pone presentandosi a colloquio c’è anche la promozione di se stessi: è quindi altrettanto fondamentale, oltre alla sincerità, inserirsi nella relazione tenendo sempre presente il contesto di riferimento e adattare la comunicazione all’ambiente in cui ci si vuole inserire. La trasparenza e il corretto orientamento al contesto sono le chiavi del successo per il candidato che vuole presentarsi in modo efficace.


Alice

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