giovedì 15 ottobre 2009

Camera Café e il colloquio di Silvano … Ovvero la tensione pre-colloquio

Rieccoci insieme per l’appuntamento col recruiting. Ho preso questo divertente episodio di Camera Café, in cui Silvano si prepara per un colloquio di lavoro, come spunto per parlarvi della fase pre-colloquio, quella in cui ci si presenta all’appuntamento tesi e nervosi.

Diverse volte, come candidata, mi è capitato di arrivare all’incontro agitatissima. Magari perché l’azienda era uno dei miei personali “best places to work”; oppure per via dell’interessante progetto proposto col ruolo. In queste occasioni, il mio pensiero fisso era: “DEVO FARCELA A TUTTI I COSTI”. Ero seriamente convinta che non mi sarebbe mai più capitata un’altra offerta simile. Per questi colloqui che consideravo particolarmente importanti mi preparavo addirittura una risposta da copione per tutte le domande che – mi immaginavo – avrebbero potuto farmi.

Il risultato? Per fortuna non proprio la scena del bagno descritta da Silvano nell’episodio che abbiamo visto, ma di sicuro si venivano a creare situazioni fantozziane, quali strette di mano fredde e sudate, salivazione azzerata, “impappinamenti” vari durante il discorso ed eventuali gaffe da inciampo e sedie scricchiolanti, che mi facevano perdere il filo del meticoloso copione che mi ero preparata.

Guardando a ritroso, posso dire che i colloqui in cui ho avuto più successo non sono stati quelli a cui inizialmente tenevo di più e ai quali mi presentavo tesa come una corda di violino, ma piuttosto quelli per cui nutrivo una sana curiosità per fare esperienza – senza quindi il “chiodo fisso” di giocarmi il tutto e per tutto per quella posizione, come se non potessero essercene altre in futuro.

E’ certamente comprensibile che ciascuno, come il povero Silvano, sia teso prima del colloquio. D’altronde un po’ di adrenalina aiuta a dare il meglio di sé e di certo ogni recruiter che si rispetti sa che il candidato si trova in una situazione di stress e ne tiene conto. Anzi, personalmente, come selezionatrice, ritengo che un po’ di tensione da parte del candidato sia la dimostrazione del suo interesse per la posizione e di alcune caratteristiche positive del suo profilo, come la tendenza a voler dare il meglio di sé nei momenti “decisivi”.

E’ quando supera una certa soglia e comincia a compromettere la relazione e il dialogo, che questa tensione diventa estremamente dannosa per il colloquio: un candidato come Silvano trasmette al selezionatore l’impressione di non essere capace a gestire lo stress e le relazioni interpersonali! Quindi perché per questa volta non dare ascolto a uno dei bizzarri consigli dell’”uomo chiamato contratto”? Magari non occorre proprio essere ubriachi per superare un colloquio, ma Paolo non ha tutti i torti quando dice di presentarsi col “buonumore”. La positività è infatti la chiave per sentirsi a proprio agio, per dominare l’ansia e per comunicare la padronanza della situazione alla persona che ci sta di fronte.

Penso sia necessaria una good balance per:

- dare il meglio di noi stessi al fine di ottenere la posizione che ci sembra adatta al nostro profilo, senza però pensare che sia l’unica perfetta e quindi evitando di temere la “sconfitta”;

- tenere presente che è il selezionatore a condurre il colloquio ponendo le domande e prendendo la decisione finale, senza però temerlo; consideriamo che anche il candidato ha un forte potere nella relazione, perché se è stato convocato, è perché l’azienda HA davvero BISOGNO di qualcuno come lui che svolga questo lavoro (si tratta solo quindi di comunicare durante il colloquio quelle caratteristiche di noi stessi che a nostro avviso sono decisive per il ruolo);

- prepararsi al colloquio abbozzando un filo conduttore che ci aiuti a parlare di noi stessi senza omettere competenze importanti (un po’ come diceva GiuS in suo post della rubrica Capire e Farsi Capire), senza però imparare a memoria un copione apparentemente perfetto per l’occasione – per paura di sbagliare – perché questo metodo può ostacolare il dialogo data la sua rigidità.

Insomma, è un po’ come dice il saggio buddhista: "Se tendi la corda oltre misura si spezza, se la lasci troppo lenta non suona". Bisogna trovare il giusto equilibrio per continuare ad attribuire la giusta importanza al momento, senza però lasciarsi dominare dall’ansia.

Per concludere, ci tengo a ribadire che il colloquio non deve essere visto come una tortura in cui il selezionatore è il tiranno con il coltello dalla parte del manico. Vivendo i colloqui da entrambe le parti (selezionatore e candidato), mi sono resa conto che si tratta di uno scambio in cui entrambe le parti si arricchiscono dall’esperienza, a prescindere poi dall’esito finale. Pensate che comunque ci guadagnerete qualcosa dall’incontro e vedrete che questo vi aiuterà a dominare l’ansia e a presentarvi più controllati e di “buonumore”. Perché, come direbbe Paolo, “chi ben comincia......... ben comincia!”

Alice

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