domenica 25 ottobre 2009

Pillole di Downshifting e il mito della vita Slow ...


Basta, non ne posso più. Mollo il lavoro e mi apro un bar ai Caraibi!
E se ci perdo in guadagno, ci vinco in salute ...

  

Quante volte abbiamo sentito pronunciare (o abbiamo pronunciato) una frase del genere? La routine, la nebbia e la pioggia, i lunedì, il traffico e il parcheggio che non c'è, un capo/collega difficili da gestire, un progetto stressante e perchè no un problema personale ... Capita di non riuscire a trattenere, almeno verbalmente, la voglia di mollare tutto, di cambiare il proprio stile di vita e stabilirsi in un posto rilassante come quello rappresentato nella foto. Ma cosa resta al di là delle parole?

Ai nostri giorni riusciamo a dare un nome ad ogni emozione, ad ogni sfogo, ad ogni volontà presunta o reale ... tutto deve avere il proprio nome ... meglio ancora se in inglese, che fa molto più chic. Ed allora qualcuno ha pensato bene di affibiare alla scelta volontaria di rallentare il nomignolo Downshifting. Parola composta, che ha una forte assonanza con i concetti di ridurre la marcia oppure, parafrasando il lemma del mio impolveratissimo New Oxford Dictionary, scambiare una carriera economicamente soddisfacente ma stressante, con uno stile di vita più lento e meno redditizio.

"Lentezza" è una buona chiave di lettura per capire bene di cosa stiamo parlando. Mentre mi documentavo per saperne di più sull'argomento Downshifting, sono stato immediatamente colpito dai Tweet di Carl Honore, un giornalista canadese autore di un fortunatissimo libro intitolato In Praise of Slowness: How a Worldwide Movement Is Challenging the Cult of Speed.

L'opera definisce le teorie del Movimento della Lentezza (per maggiori informazioni, visitate il sito di Slow Planet): lavorare, giocare e vivere meglio facendo ogni cosa alla velocità giusta. Insomma, se non ci lasciamo prendere dalla frenesia, possiamo condurre una vita migliore. Un esempio? Non riesco a non citarvi il post In Praise of Slow Sex, sempre scritto da Honore. E' la vicenda di due amanti che interrompono l'atto sessuale perchè lei ha ricevuto un SMS sul suo iPhone e decide di leggerlo e scrivere una risposta ... Poi, con invidiabile naturalezza, chiede al suo imbarazzatissimo amante di riprendere ... Non stupitevi perché una ricerca dice che 1/5 di noi si lo fa!

E' verissimo, si tratta di un estremo. Ma il concetto è virtuoso: riappriopriarsi della propria vita gradualmente potrebbe renderla più sostenibile, per usare uno degli aggettivi più in voga del momento. Probabilmente riusciremmo a capire meglio il valore delle cose, delle emozioni. Il Corriere della Sera ha recentemente dedicato un articolo sull'argomento. Racconta la svolta di vita di un ex-manager di una delle più importanti aziende di consulenza: ad un tratto, il protagonista ha deciso di mollare tutto e dedicarsi alla scrittura, alla vela, all'agricoltura. La sua giornata tipo non ha nessun programma predefinito, mentre prima di lasciare il lavoro la sua vita era pianificata per i successivi 5 anni. Oggi Simone Perotti (guardate il suo profilo su LinkedIn), si dichiara "Scrittore e Navigatore @ Nessuna Azienda". E consiglia a chiunque di fare una scelta come la sua. Fantastico.

Adesso torniamo al principio. Come considerare l'idea di lasciare il proprio lavoro per cominciare una semplice attività imprenditoriale? Qui inizio ad avere qualche dubbio. Chi pensa che Downshifting sia aprire un ristorantino potrebbe in realtà incappare in un brutto errore di valutazione. Prendiamo il caso del ristorante: avete idea delle difficoltà che caratterizzano un'attività come questa? Proveniendo da una famiglia di ristoratori, parlo per esperienza personale: se non si è disposti a mettersi all'opera dalle 9 alle 24 (sono nei feriali, nei festivi è molto di più), a non avere praticamente nessuna pausa nel corso dell'anno, a sostenere sulle proprie spalle tutto il peso imprenditoriale ... Lasciate perdere! E lo stesso vale per bar, enoteche e via dicendo.

Cari lettori, come sempre la verità sta nel mezzo. Rallentiamo pure i ritmi della nostra vita, diamo maggiore peso alla work-life balance, alimentiamoci meglio. Questo è Downshifting. Ma se avete intenzione di lasciare il vostro lavoro per aprire il famoso bar sulla spiaggia dei Caraibi ... Probabilmente non avrete fatto altro che mettere la quinta! Altro che freno motore!

Os


3 commenti:

  1. Ciao,
    anche io ho un blog e recentemente ho scritto un post sul Downshifting, idea che mi è venuta leggendo l'articolo del Corriere della Sera che citi tu.
    Mi permetto di non concordare con alcune cose che hai scritto nel tuo post: secondo me il Downshifting è una cosa molto diversa dall'aprire un chiosco sulla spiaggia. E' una decisione possibile solo dopo un lungo processo di risparmio poichè l'attività principale non è più un lavoro, fosse anche quello da sempre desiderato, ma piuttosto una quasi totale rinuncia a questo in favore di una sorta di "ozio creativo", come molti lo hanno definito.
    Spesso, infatti, uno degli ostacoli più grossi è il dover organizzare e gestire il tanto tempo libero che ti trovi a disposizione, e che solo in piccolissima parte è inframezzato da lavoretti.
    Ecco che la componente economica gioca un ruolo fondamentale, soprattutto i risparmi accumulati durante il corso della vita.
    A mi avviso quindi non si tratta "semplicemente" di cambiare lavoro, facendo anche qualcosa che più mi piace, ma piuttosto di rinunciare a lavorare.
    Questa è l'idea che mi sono fatta leggendo e documentandomi sull'argomento.

    Ciao e a presto,

    Federica

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  2. Ciao Federica,
    in realtà io non ho scritto che il Downshifting è "aprire un chiosco sulla spiaggia", ma tutto il contrario!
    Downshifting è un approccio diverso alla vita, mai uno strappo drastico come può essere "aprire un ristorantino".

    Probabilmente la pensiamo allo stesso modo su questo argomento. In ogni caso i nostri blog hanno forte assonanza concettuale, continuiamo a tenerci in contatto.

    Osvaldo

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  3. Ciao Osvaldo,

    probabilmente ho frainteso le tue parole e non ho capito quello che volevi dire. Sono contenta che la pensiamo allo stesso modo.
    Tornerò sicuramente a trovarti, vista la grande affinità, come hai detto tu, dei nostri blog!

    Federica

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